Il nuovo Inail, le difficoltà di bilancio, il programma di ricerca 2016-2018, i bandi per diffondere la cultura della prevenzione, la riforma dei Comitati consultivi provinciali. Sono numerosi i temi toccati da Francesco rampi, presidente del Comitato di indirizzo e vigilanza dell’Inail, ex dirigente Cgil (Fiom, Cgil Lombardia, Sintel, Caaf Lombardia). Un’intervista a tutto campo, in cui centrale resta il rapporto tra l’Istituto e le parti sociali, che Rampi intende sempre più coinvolgere, a partire dai livelli territoriali.

Rassegna. Il Consiglio d’indirizzo e vigilanza dell’Inail, poco dopo l’insediamento, ha approvato come da compito istituzionale le linee di mandato. Quali erano gli obiettivi di quel documento e a che punto siamo nella loro realizzazione?
Rampi. Il primo obiettivo è la piena realizzazione del “nuovo Inail”, basato sia sull’integrazione dei compiti previsti dal decreto 81/2008, ossia la presa in carico totale di infortunati e tecnopatici, che consente prestazioni più rapide e minori costi per i pazienti, sia sul forte sostegno alla prevenzione. Con l’incorporazione degli ex istituti Ipsema e Ispesl, poi, si è anche realizzato l’obiettivo del “polo unico” della sicurezza nei luoghi di lavoro. Obiettivo delle linee di mandato, quindi, è il rafforzamento del filone sanitario e riabilitativo. La svolta è stata la costituzione della Direzione delle politiche sociosanitarie, cui afferiscono sia i centri fisiochinesiterapici, il Centro di riabilitazione motoria di Volterra, il Centro assistenza protesica di Budrio, sia tutte le convenzioni che stiamo stipulando con i sistemi sanitari regionali per l’erogazione da parte dell’Inail dei livelli integrativi di assistenza, in modo da completare la presa in carico di infortunati e tecnopatici.

Rassegna. Per quando è previsto il completamento del “nuovo Inail”?
Rampi. L’orizzonte è il 2016, con l’attuazione della norma contenuta nella Legge di stabilità 2015, meglio nota come “comma 166”, che autorizza l’Istituto a promuovere azioni finalizzate alla non espulsione dal luogo di lavoro dei lavoratori che hanno perso le proprie capacità (anche solo parzialmente) in seguito a infortuni e malattie professionali. Siamo ora nella fase di progettazione, ed è un compito molto impegnativo. L’obiettivo è garantire che durante l’assenza del lavoratore per inidoneità temporanea si compiano tutti gli atti di carattere riabilitativo necessari alla riacquisizione della piena capacità. Laddove questa non si realizzi, occorrerà promuovere azioni verso le imprese, che ovviamente debbono collaborare, per vedere come superare i nuovi limiti del lavoratore conseguenti ai postumi dell’infortunio o della malattia: un superamento che sarà possibile mediante specifici finanziamenti dell’Inail, indirizzati alla trasformazione delle capacità del lavoratore o all’adeguamento del suo posto di lavoro in azienda.

Rassegna. Si parla da più parti di riforma della governance dell’Inail, e molte proposte sono state avanzate. Qual è la tua opinione in proposito?
Rampi. Tra gli organi di vertice dell’Inail c’è grande armonia, quindi l’esigenza di una riforma della governance non è molto sentita. In generale, ritengo che non ci sia bisogno di moltiplicare gli organi di gestione degli istituti previdenziali, introducendo un ulteriore organo, il consiglio di amministrazione. Penso, invece, che l’Istituto debba coinvolgere maggiormente le parti sociali a livello territoriale. I Comitati consultivi provinciali, ad esempio, sono normati da una legge di 53 anni fa, quasi mai modificata, e la loro formazione non è più omogenea alla strutturazione del Civ Inail. La riforma che stiamo discutendo prevede strutture più snelle, dislocate non più in ogni provincia ma solo in quelle dove l’Inail ha una direzione territoriale (78 in tutto), composte in maniera paritaria da imprese e sindacati, con presidenza riservata ai sindacati, e la presenza di componenti degli organi istituzionali ma senza diritto di voto.

Rassegna. Resta ancora aperta la questione del ruolo e dell’organizzazione del settore ricerca all’interno dell’Istituto. A che punto siamo?
Rampi. Considero l’incorporazione della ricerca, che in questi giorni compie cinque anni, una grande opportunità per l’Inail. Con l’assorbimento dell’Ispesl abbiamo “portato a casa” dei compiti di ricerca “istituzionali”, come il Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam), dunque attività che servono ai ministeri, alla sanità regionale. Sono compiti obbligatori: è quindi assurdo che debbano rientrare nei piani triennali di ricerca, ossia che ogni tre anni debbano essere sottoposti a valutazione. Ci sono poi le attività “discrezionali”: queste debbono avere, invece, un nesso forte con l’azione prevenzionale messa in atto dall’Istituto.

Rassegna. A questo proposito, siamo nella fase di costruzione delle linee di ricerca 2016-2018. Quali sono i vostri indirizzi?
Rampi. Ci concentreremo su tre filoni di ricerca. Il primo sono le lesioni all’apparato scheletro-muscolare, che riguardano non solo le tristemente famose cadute dall’alto, ma anche i disturbi degli scaffalisti dei supermarket, dei parrucchieri o degli autotrasportatori: la ricerca quindi si indirizzerà su organizzazione del lavoro, ergonomia, qualità dei processi produttivi e interventi medico-sanitari di prevenzione e riabilitazione. Il secondo riguarda le lesioni all’apparato respiratorio: in cima alla graduatoria vi è ovviamente l’amianto, ma intendiamo allargare il campo alla qualità dell’aria degli ambienti di lavoro, alla quantità di sostanze che respiriamo, alla presenza delle nano-particelle. Il terzo tocca gli aspetti relazionali: la sicurezza si ottiene non solo con prescrizioni e modifiche di carattere strutturale, ma anche con rapporti più stretti tra Rspp, Rls, medico competente e altri attori della prevenzione. Il nostro obiettivo è creare un grande database dove tenere assieme documenti, accordi, buone prassi, offrendo a studiosi ed esperti un patrimonio di esperienze da cui possono nascere numerose occasioni di miglioramento della salute e sicurezza.

Rassegna. Quali pensi debbano essere le azioni concrete dell’Istituto a favore di una diffusione della cultura della prevenzione: in particolare, quali le sinergie con gli organismi paritetici e le organizzazioni sindacali?
Rampi. Mi preme dire, anzitutto, che abbiamo molto enfatizzato la prescrizione prevista nel decreto 81/2008, creando quindi una forte Direzione centrale della prevenzione. Va sicuramente sottolineata l’importanza dei programmi di sostegno economico alla prevenzione, quali i bandi Isi e Fipit, che valorizzano il ruolo di parti sociali e Rls: nel bando Isi sarà presente un punteggio premiale per i progetti che siano stati comunicati agli Rls, mentre la condicio sine qua non della partecipazione al bando Fipit è che la soluzione trovata sia stata giudicata replicabile da un organismo paritetico o bilaterale. Nella seconda parte dell’anno, inoltre, sperimenteremo un bando pubblico destinato alla formazione aggiuntiva dei soggetti della prevenzione in azienda. Il bando consisterà nell’elargizione di un voucher alle imprese che faranno formazione, assegnato in base al numero dei partecipanti: mi auguro sia un’occasione per portare in aula tanti Rls che hanno bisogno di formazione aggiuntiva, magari facendoli diventare degli “agenti della prevenzione” anche in nome e per conto dell’Inail.

Rassegna. Un’ultima domanda: come giudichi le politiche di bilancio dell’Inail?
Rampi. L’Istituto ha compiuto una svolta importante con la Legge di stabilità 2014, riducendo del 15 per cento il gettito dai premi. Ma abbiamo davvero raschiato il fondo del barile: ormai copriamo i costi di carattere obbligatorio, come il pagamento delle rendite, e possiamo programmare attività integrative in campo prevenzionale e socio sanitario per circa 600 milioni di euro all’anno: un valore inferiore al 10 per cento delle entrate. Il denaro è sufficiente, ma non si può pensare di ridurre ulteriormente il gettito dai premi. La legge prevede nel 2016 l’inaugurazione di un nuovo sistema tariffario: la nostra attenzione sarà soprattutto sulla congruità delle tariffe riferite alle singole lavorazioni e alla verifica dell’adeguatezza dei sistemi di solidarietà fra le diverse tipologie di lavoro. Lo Stato, in realtà, ha messo una “tassa” sui premi: nel 2014 ci ha portato via, senza finalizzazioni, 141 milioni di euro, e nel 2015 diventeranno 191. Dobbiamo evitare che questa tassa cresca, cercando invece di avere più risorse da destinare a ricerca, salute e prevenzione.