“C'era l'ipotesi di far pagare il canone attraverso la bolletta dell'Enel, poi è tramontata per le difficoltà di natura tecnica. Noi abbiamo chiesto di introdurre un criterio di proporzionalità rispetto al reddito delle persone, non sarebbe male. È evidente che se il canone è uguale per il pensionato al minimo, per il disoccupato e per il banchiere, questo crea qualche elemento di disturbo. Il criterio della progressività è una cosa che abbiamo sostenuto e continuiamo a sostenere”. Così il segretario generale della Slc Cgil, Massimo Cestaro, intervistato da RadioArticolo1 nella trasmissione Italia Parla (qui il podcast).

Forti le critiche del sindacato al ddl di riforma Rai, in particolare sulla governance. “L'intero consiglio d'amministrazione - osserva Cestaro - verrebbe di fatto nominato dalla maggioranza di turno, smentendo quanto detto più volte dal presidente del consiglio Matteo Renzi sulla volontà di scollegare la gestione della Rai dai partiti. È del tutto evidente - a suo giudizio - che rischiano di venire meno quegli elementi di pluralismo da tutti invocati e che in questa occasione non trovano una risposta. Anzi, paradossalmente sembrano peggiorare la condizione preesistente”.

Su questo punto la Slc Cgil aveva proposto un sistema duale, affiancare cioè al consiglio di amministrazione un consiglio di indirizzo: “L'abbiamo proposto anche per altre aziende di interesse pubblico come Poste italiane. Sono realtà che svolgono un'attività fondamentale di interesse pubblico e quindi la cosa migliore è avere consigli di indirizzo con rappresentanti dei consumatori, delle grandi organizzazioni sindacali, delle cooperative eccetera, cioè di quella parte della cosiddetta società civile che ha l'esigenza di dire la sua”.

Altro punto sollevato dalla Slc riguarda il mercato pubblicitario: “Ci vuole una norma che regoli meglio i flussi, lo diciamo da tanto tempo. Il sistema televisivo italiano drena quantità di risorse pubblicitarie importanti a scapito del mondo dell'editoria e della carta stampata, ma non solo. Sinteticamente, il 60% va all'emittenza e il 40% resta all'editoria, negli altri paesi europei accade il contrario”.

Uno scenario che rende ancora più difficile la sopravvivenza dei giornali e dunque la quantità di informazione. La Slc è impegnata nella campagna “Meno giornali meno liberi”. “Dal governo - osserva Cestaro - non vediamo una risposta, se non l'impegno di qualche contributo all'editoria. Non vorrei che qualcuno si offendesse, però siamo un po' nella logica delle mance, comunque del contributo spot”.

Sarebbe invece il caso di affrontare questioni di sistema, “come le reti di nuova generazione, la qualità del prodotto, il mercato pubblicitario. Insomma, il sistema editoriale nel suo complesso. Pensare alla riforma Rai e non pensare alla riforma del sistema della comunicazione e dell'informazione - conclude l'esponente della Slc - è miope. Ricordiamoci che stiamo parlando di uno dei punti sensibili del sistema democratico nazionale”. (mm)