L’estate più tragica per l’agricoltura pugliese, quella in cui ai consueti report su sfruttamento e caporalato si è aggiunta la triste conta dei morti ‘sul’ e ‘di’ lavoro. Paola, sveglia alle 3 di notte, quindi in furgone dalla provincia di Taranto fino ad Andria per lavorare nei vigneti, 300 chilometri di pendolarismo al giorno per 27 euro. Mohamed, uno degli ‘invisibili’ nelle campagne pugliesi, venuto dal Sudan per raccogliere angurie sui terreni di un agricoltore già coinvolto in un’inchiesta per sfruttamento della manodopera. Arcangelo, colpito da un malore mentre lavorava all’acinellatura dell’uva. 

“Abbiamo raggiunto un livello emergenziale non più sostenibile – afferma Giuseppe Deleonardis, segretario generale della Flai Puglia –. Non vogliamo che passata l’estate cali l’attenzione, per questo rilanciamo con una campagna d’autunno. Vogliamo risposte: dal governo sugli impegni presi, dalla Regione sul completamento della legislazione messa in campo, dalle associazioni dei produttori, che devono scegliere da che parte stare”.

Si chiama “6 piazze per i diritti” il primo momento di mobilitazione promosso dalla categoria regionale dell’agroindustria Cgil assieme alla confederazione generale. Sei grandi centri agricoli della Puglia – Andria, Cerignola, Noicattaro, Fasano, Presicce e San Marzano – che oggi (15 settembre), a partire dalle 17, ospiteranno incontri pubblici con i lavoratori, i rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni agricole, “e che sarà occasione per presentare anche le nostre proposte per nuovi strumenti normativi di contrasto al lavoro nero e per il governo del mercato del lavoro nel settore primario”, spiega Deleonardis.

La filiera dello sfruttamento. Quarantamila lavoratori in nero stimati nella regione, 20.000 nella sola provincia di Foggia, la patria dell’oro rosso. Soprattutto immigrati e neocomunitari. Ma le condizioni di lavoro, la paga a cottimo, non sono differenti per i braccianti italiani. Assai ampia anche la fetta di lavoro grigio: dagli elenchi anagrafici Inps emerge come solo un quarto dei lavoratori stranieri sia registrato per un numero di giornate utili per accedere agli strumenti di sostegno al reddito, addirittura – nella stragrande maggioranza – sotto le 10 giornate delle 51 necessarie.

“Numeri falsi, questa gente non si sposta da noi per lavorare così poco tempo. Dietro si cela evasione contributiva e previdenziale, si negano diritti, si evade il fisco”, commenta ancora il segretario della Flai pugliese. “È un dato endemico, tra le aziende vige la certezza dell’impunità, perché il numero delle ispezioni è talmente basso rispetto all’estensione della superficie agricola e al numero di imprese agroalimentari, che essere beccati è un puro caso”. Anche solo volendo restringere il cerchio alle aziende che in Puglia dichiarano assunzioni oltre le 10 unità, e sono 37mila, non regge il confronto con il numero di quelle controllate.

Nel 2014 sono state 1.818 e, delle 1.299 posizioni lavorative verificate, 1.161 non erano in regola. Ma già questa estate l’attenzione è aumentata a seguito dei fatti drammatici accaduti e della forte attenzione mediatica. Dati non ancora ufficiali dicono che solo ad agosto le ispezioni effettuate hanno interessato 3 mila lavoratori, di cui circa il 60 per cento è risultato in nero. Ma il lavoro agricolo resta povero e precario anche lì dove esistono realtà di filiera strutturate. “È sbagliato pensare che solo la frammentazione della proprietà agricola sia all’origine dello sfruttamento – osserva Deleonardis –. In Puglia abbiamo circa 600 aziende ortofrutticole che fanno dalla lavorazione alla commercializzazione, così come 500 cantine vitivinicole. Realtà solide che però sviluppano in termini di lavoratori a tempo indeterminato solo 1.200 unità”.

La piattaforma della Flai. Eppure l’ultimo decennio di lotte allo sfruttamento e al caporalato ha prodotto in Puglia “una legislazione unica, innovativa, a partire dalla legge 28 di contrasto al lavoro nero. Si è coniugato l’aspetto repressivo – sottolinea il segretario della Flai regionale – agli incentivi per chi assume, strumenti per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro attraverso le liste di prenotazione al documento di regolarità contributiva e infine agli indici di congruità. Ripartiamo da qui, vogliamo che la Regione si impegni affinché ogni aspetto della 28 sia applicato. In tal senso, l’assessore al Lavoro ha già convocato un tavolo permanente e il primo incontro si terrà il prossimo 22 settembre”.

Alla Regione, la Flai chiede anche la costituzione di una banca dati dove far confluire tutti i dati relativi alle richieste di finanziamenti da incrociare con i dati degli organismi ispettivi su regolarità contributiva e contrattuale, “perché è assurdo che aziende che non rispettano le leggi debbano beneficiare di soldi pubblici”. Ma non si ferma qui la piattaforma predisposta dalla Flai, che ha anche un fronte nazionale. “Vogliamo che i provvedimenti annunciati dal governo vengano rapidamente approvati. Recepiscano le nostre proposte circa il colpire i patrimoni accumulati dall’intermediazione. Così come l’estensione dell’articolo 603 bis alle aziende agricole che utilizzano manodopera tramite caporali, estendendo in solido sanzioni e reato penale. Poi bisogna intervenire sulla revoca delle agevolazioni contributive e dei finanziamenti pubblici, così come si dovrà intervenire una volta per tutte su strumenti pubblici di incontro tra domanda e offerta di lavoro”.

Non solo. “È necesario dare rapido avvio alla rete di qualità – conclude Deleonardis –, prevedendo forme di decontribuzione alle aziende che aderiscono, definendo anche un marchio etico per chi rispetta contratti e sicurezza. Il caporalato e il lavoro nero possono e debbono essere contrastati: per il rispetto che si deve agli uomini e alle donne che lavorano in un settore fondamentale della nostra economica, perché il sistema illegale legato all’agroalimentare toglie miliardi di euro alla ricchezza collettiva”.