#Pubblico6Tu. L’8 novembre è arrivato: è il giorno della manifestazione nazionale in difesa dei servizi pubblici e dei settori della conoscenza indetta da un variegato arcipelago di sigle – per la prima volta tutte insieme – aderenti all’universo confederale (in pratica, 12 categorie dei settori che offrono servizi ai cittadini, tanto nel lavoro pubblico quanto in quello privato). “Un segnale evidente – spiega Rossana Dettori, segretaria generale della Fp – del disagio vissuto dai lavoratori e dai cittadini, e delle difficoltà del paese. Ma anche un segno di unità importante, perché da una crisi così dura per le persone e che mette a rischio i servizi pubblici, se ne esce tutti insieme, includendo e facendo proposte chiare”.

Rassegna Quali sono le richieste principali al centro della piattaforma rivendicativa?

Dettori Le priorità che indichiamo al governo sono note da tempo: riaprire la contrattazione e sbloccare i salari, perché altrimenti nessuna rivoluzione e possibile; investire in formazione, modernizzazione e stabilità, a partire dai precari della pubblica amministrazione che garantiscono servizi vivendo con scadenze regolari nell'incertezza, che non riguarda solo loro, ma il servizio che offrono, dall'assistenza alla persona alla salute, passando per gli sportelli immigrazione delle questure e gli uffici giudiziari; una riorganizzazione dei servizi sul territorio, dei corpi dello Stato, un vero piano industriale; costi e servizi standard a tutela dell'universalità dei diritti, ma anche come freno a sprechi e sacche di illegalità; uno stop al dumping nel privato, che offre servizi pagati dalla collettività e, di conseguenza, la fine di salari diversi per lavori identici. Insomma, chiediamo in parte cose che nella narrazione del presidente del Consiglio Renzi abbiamo più volte sentito affermare, ma che nella realtà dei provvedimenti messi in campo si sono sciolte come neve al sole.

Rassegna Cinque anni di tagli lineari forsennati, di blocco delle retribuzioni, oltre 10 di blocco del turn over, un esercito di precari senza certezze e tutele, riforme fatte in fretta e male: il sistema è ormai al collasso…

Dettori Solo nei 5 anni dei governi Berlusconi e Monti si sono sommati tagli per un totale di 75 miliardi. Adesso, con la legge di stabilità, arriva un'altra tegola da 15 miliardi, quasi un punto di Pil. Tagli che si reggeranno solo con un aumento delle tasse locali, come avviene da sempre: dal ’97 a oggi sono esplose, cresciute del 191 per cento; in alternativa, si metterà mano all'offerta di servizi. In ogni caso una sconfitta per il sistema pubblico, che scivola sempre più verso la privatizzazione, per consunzione, e nel caso della sanità perché soggetta a prezzi concorrenziali da parte dei privati. Anche se il ministro Padoan afferma il contrario, stanno “affamando la bestia”, riducendone la capacità di assolvere al proprio ruolo.

Rassegna Ma a detta del governo e della ministra Madia la staffetta generazionale invertirà la tendenza, come la mobilità del personale. A che punto siamo con questi due provvedimenti?

Dettori Per quanto riguarda la mobilità siamo alle buone intenzioni e all'assenza di garanzie per i lavoratori. Manca un piano, come del resto per tutta l'offerta di servizi e per la riorganizzazione, di cui non si vede traccia alcuna. Un esempio sono i ministeri, che attendono una riorganizzazione centrale e sul territorio mai cominciata, e gli enti locali, che dopo la passerella sulle Province sono stati lasciati a se stessi, senza un ridisegno dei servizi di area vasta. Quanto alla staffetta generazionale promessa dalla ministra, alla prova dei fatti, non c'è. Una bugia bella e buona.

Rassegna E i 15.000 nuovi assunti?

Dettori Nella relazione tecnica degli uffici parlamentari la stima è persino più bassa di quella fatta unitariamente dai sindacati: in tutto parliamo di 540 nuovi assunti, magistrati esclusi. Mi correggo: più che una bugia è una presa in giro. Perché, conti alla mano, nei prossimi tre anni perderemo altri 58.000 posti di lavoro, senza contare che in assenza di un intervento sul personale precario avremo altre migliaia di fuoriuscite dal sistema anche su quel fronte. Il risultato complessivo è una riduzione dell'occupazione e della capacità di rispondere ai bisogni.

Rassegna I dati parlano chiaro. L'Italia, nel raffronto con gli altri paesi europei, non dispone di un numero eccessivo di lavoratori pubblici e non spende nemmeno troppo: spende male e gestisce anche peggio il personale. Eppure, invece di puntare a una riorganizzazione complessiva del settore, si continuano a ipotizzare ricette fatte di tagli lineari a risorse e personale. Non c’è proprio via di uscita da questa spirale perversa?

Dettori Certo che c'è. Le risorse il governo dimostra di saperle recuperare, ma le utilizza per uno spot permanente, costosissimo per il paese, che rischia persino di non ridurre la pressione fiscale, come abbiamo detto. Oltre a non rimodulare il personale e a non riorganizzare, investe queste risorse male, contraddicendo se stesso. Renzi aveva avanzato delle belle proposte – rimaste lettera morta – sull'assistenza all'infanzia e quindi alle famiglie, con un piano per la costruzione di asili nido che rispetto al bonus bebè avrebbe prodotto più reddito per le persone e alleggerito la spesa altissima sostenuta per l'educazione dei bambini. Evidentemente, la scelta è quella di puntare al sensazionalismo e di non costruire i presupposti per ripartire.

Rassegna Ancora a proposito dei luoghi comuni sui lavoratori pubblici in sovrannumero: dalle stime più recenti fatte dalla vostra categoria si apprende che il personale addetto al controllo di legalità – ministero del Lavoro, Inail e Inps, per intenderci – è diminuito dal 2009 al 2013 di quasi il 20 per cento e che l’Agenzia delle entrate conta oggi, rispetto al 2001, su circa 9.000 dipendenti in meno. Di fronte a questi numeri, come pretende di risultare credibile un governo che parla di lotta all’evasione e per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro?

Dettori Questo governo pretende di sembrare tante cose. Purtroppo, la realtà è ben diversa. I settori che citi sono parte della soluzione, perché questo è un paese in cui inefficienza e illegalità spesso si sono alimentate, in una spirale che ci ha condotti al declino. È evidente che questo declino lo si arresta con un’ondata di civismo e di legalità, e che il lavoro e i servizi sono uno dei terreni più efficaci per misurarsi con questi problemi. Ma le risposte sono tutte di segno opposto: si allenta la legalità sui posti di lavoro, riducendo la capacità dello Stato di applicare la legge e, va da sé, riducendo le entrate, perché l'illegalità sui posti di lavoro è legata spesso al lavoro nero, alla mancata contribuzione, all'elusione, al grigio. Oltre a non tutelare i lavoratori, l'assenza di legalità nel lavoro sottrae risorse, riduce le entrate e aumenta l'ingiustizia sociale e quella fiscale, che è uno degli elementi di tenuta di un paese moderno.