È iniziato lo sciopero dei lavoratori dei porti italiani. A motivare la protesta, indetta unitariamente da Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti, è l’intenzione del governo di “liberalizzare” il settore mediante la bozza di riforma che il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti sta attualmente preparando. Un provvedimento che, spiegano i sindacati in un comunicato, “rischia di sconvolgere l’attuale sistema regolato presente nei porti, con gravi ricadute sociali”. L’astensione dal lavoro è di 24 ore per i lavoratori portuali, mentre è ridotta a 12 per gli addetti ai servizi tecnico nautici.

Ma la protesta sembra soltanto all’inizio. “Se sarà confermata – spiega il segretario nazionale Filt Cgil Nino Cortorillo – la volontà di introdurre norme liberiste negli scali italiani, con effetti degenerativi sulle tutele e sulla qualità del lavoro, si preannuncia un conflitto molto esteso in tutti i porti”. Secondo l’esponente sindacale, il governo “deve ascoltare le opinioni del sindacato che vuole una riforma dei porti, ma non a vantaggio delle lobby e a danno del lavoro. Il sistema di regole vigente, che può essere consolidato solo attraverso un percorso di riforma partecipato da tutte le parti sociali e con il coinvolgimento del Parlamento, garantisce stabilità e qualificazione del lavoro, sicurezza di tutti gli addetti, della navigazione e dell’utenza, mentre l’attuale regolamentazione dei servizi tecnico nautici è garanzia per la sicurezza nei nostri scali”.

Alla luce delle linee guida sui porti elaborate da una commissione appositamente nominata dal ministero delle Infrastrutture, da cui il sindacato è stato escluso, continua Cortorillo, sembra “si voglia importare nel settore la precarietà, i modelli fallimentari dei cambi di appalto e la deregolamentazione dei rapporti di lavoro”. La prospettiva, conclude il segretario nazionale Filt Cgil, è che il porto “divenga un Far West, dove, a discapito della qualità e della sicurezza del lavoro, possano operare imprese senza competenza ed esperienza. Tutto ciò ci vede fermamente contrari, ed è alla base delle ragioni dello sciopero, proclamato nei porti italiani dopo oltre vent’anni”.

L’incontro al ministero delle Infrastrutture dello scorso 3 marzo, in particolare, non ha soddisfatto i sindacati
. “Sebbene siano emersi anche elementi positivi, le ragioni che hanno portato alla proclamazione e le richieste sindacali rimangono” spiegano Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti in una nota: “il capo di gabinetto del ministero ci ha comunicato che è terminato il lavoro della Commissione, incaricata di elaborare una bozza di riforma dei porti, ma tuttora non conosciamo i contenuti del documento, visto che la Commissione non includeva la rappresentanza sindacale”.

Secondo le tre organizzazioni sindacali di categoria “serve un confronto vero e serve mantenere un sistema di regole certe per lo sviluppo portuale e la tutela del lavoro che a oggi non si trovano nei vari provvedimenti che si stanno inseguendo, compreso quello in discussione alla X Commissione del Senato che ripropone il ddl sulla concorrenza del ministero dello Sviluppo economico stralciato dal governo”.