Perché in una fase di crisi e complicata come quella attuale l'organico dell'Ilva commissariata è salito – nonostante l'uscita volontaria di molti lavoratori – da 13.700 a 14.015 unità? La domanda-denuncia arriva dalla Fiom Cgil che attende, insieme agli altri sindacati, di essere convocata dal neoministro dello Sviluppo economico. Secondo Rosario Rappa, segretario nazionale Fiom Cgil, “la gestione commissariale continua ad avere un atteggiamento poco trasparente”.

La Fiom denuncia anche la mancanza di chiarezza sul numero dei lavoratori impiegati nell'appalto: “Il sindacato come al solito viene tenuto all'oscuro nei processi decisionali che impattano sui lavoratori e messo dinanzi a fatti compiuti da parte degli attuali commissari Ilva”.

“È del tutto incomprensibile – spiega Rappa – che la gestione commissariale, di fronte alla situazione di completo stallo in cui si trova la trattativa sindacale a causa della mancata garanzia sul mantenimento degli attuali livelli occupazionali, continui ad assumere dirigenti. Ci troviamo sempre nello stesso schema di socializzazione delle perdite e privatizzazione dei guadagni. Il ministro dello Sviluppo economico deve necessariamente fare chiarezza e assumere tutte le decisioni consequenziali su quanto sta accadendo all'Ilva in una fase delicata che prelude alla vendita ad Arcelor Mittal”.

Per chiudere l'accordo con i nuovi proprietari in sede ministeriale rimangono i soliti nodi. A partire da un piano industriale strettamente legato alla salvaguardia occupazionale, compresi i salari e i diritti, di tutti lavoratori attualmente impiegati, oltre a quelli dell'appalto. Per la Fiom se aumenta la produzione devono essere mantenuti i posti di lavoro. Fondamentale anche “il risanamento ambientale e la bonifica dello stabilimento di Taranto al fine di tutelare la salute dei lavoratori e dei cittadini e l'accordo di programma di Genova”.