La linea dell'austerità, i recenti vertici europei, la crisi che si avvita su se stessa. Da questi elementi parte l’editoriale di Laura Pennacchi su L’Unità. Dopo aver sottolineato i passi in avanti che pure sono stati compiuti a livello continentale, Pennacchi osserva che “in nessun caso si può dire che la politica di austerità imposta a tutti i Paesi europei dalla Germania della Merkel sia stata rimessa in discussione. Eppure – osserva l’economista – la spirale fallimentare a cui l'ortodossia restrittiva e deflazionistica sta dando luogo è sotto gli occhi di tutti: azioni draconiane sui deficit pubblici, mentre spingono in recessione tutti i Paesi europei (il PiI dell'Italia nel 2012 diminuirà del 2,4% secondo Confindustria) e fanno esplodere la disoccupazione, aggravano e non risolvono i problemi del debito, per affrontare i quali si ricorre a nuove misure di contenimento del deficit che, sempre più spingendo l'economia verso contrazioni aggiuntive e aggiuntivi cali delle entrate, si risolvono in ulteriori incrementi del debito e del deficit. In Italia il ruolo recessivo che giocherà la spending review (con un taglio della spesa nella sanità, nel pubblico impiego, nelle Regioni e negli enti locali, nei servizi di più di 20 miliardi addizionali in tre anni) è emblematico di questa spirale perversa”.

+“Perché questo avviene? – si chiede Pennacchi –. E proprio in un momento in cui tutto ci dice che solo un big push (una ‘grande spinta’) trainato dal motore pubblico può rovesciare lo status quo e dare vita a una spirale benefica di crescita/equilibrio di bilancio/crescita? Non può trattarsi solo di masochismo. Bisogna risalire ai convincimenti profondi sottostanti, che in parte accomunano la Merkel a personaggi come Monti. Emerge qui la questione di quella variante di destra dell'economia sociale di mercato (...), che si concentra esclusivamente sui problemi dell'offerta cosicché un forte intervento dello Stato èconsiderato necessario solo per imporre la concorrenza. Per tutto il resto l'economia va liberata dai vincoli statali”. “L'alternativa – conclude Pennacchi – richiede di sostituire all'immagine di un'Europa ‘deflazionistica’ quella di un'Europa ‘progressista’, con la mutualizzazione e l'europeizzazione del debito anche mediante Eurobond, il ruolo di prestatore di ultima istanza attribuito alla Bce, l'allargamento del bilancio comunitario per il rilancio degli investimenti e il superamento delle divergenze".