“Pandemia e resurrezione” (pp.128, € 12,90, ebook € 9,99) è un pamphlet appena pubblicato in coedizione da Guerini e Associati e goWare, che in tempo reale analizza in maniera lucida e puntuale gli effetti economici, politici e sociali del Covid-19, con particolare attenzione al mondo del lavoro, attraverso la penna del professor Giulio Sapelli, economista e storico, contattato per approfondire quanto contenuto nel suo scritto. 

Prof. Sapelli, la sua introduzione affronta subito il tema del lavoro in questo tempo di crisi, unito a quello del digitale. Perché lo pone alla base della riflessione proposta in questo suo ultimo libro?

Perché in questi ultimi trent’anni c’è stato uno spostamento dal lavoro al capitale, laddove dopo la fine della seconda guerra mondiale, grazie anche alle conquiste delle lotte sindacali, lo spostamento era stato dal capitale al lavoro. Dalla metà degli anni ’80, con l’asse Clinton-Blair, abbiamo assistito all’avvento dei manager pagati con le stock option, e alla distruzione degli stessi diritti sindacali. In Italia è stato seguito il modello Treu, con conseguente e colossale spostamento del reddito dal lavoro al capitale, arrivando sino ad oggi, dove sono i lavoratori, compresi quelli della gig economy, ad essere i più colpiti. Quindi se inizi un libro citando il capitolo 8 della lettera di San Paolo ai romani, non puoi che ragionare partendo dai lavoratori. Poi sono figlio di un operaio, e ho fatto l’avviamento al lavoro. In un momento come questo, sentivo il dovere di cominciare da qui.

Visto che ha citato il suo apprendistato allora le chiedo, avendo iniziato a lavorare giovanissimo in Olivetti, se si può ancora credere in una imprenditoria illuminata?

Quello spirito rimane ancora in qualche piccolo e medio imprenditore, ma è qualcosa d’istintivo, fatto quasi d’impulso, mentre Adriano Olivetti credeva in una costruzione intellettuale e religiosa del suo progetto, la realizzazione della città di Dio in terra. Oggi ci sono imprenditori bravi che hanno buone intuizioni, ma quello era un altro mondo.

Per tornare al mondo di oggi, lei scrive che sempre negli ultimi trent’anni abbiamo assistito anche alla grande trasformazione del lavoro collettivo di fabbrica e di ufficio in lavoro individuale, o di piccoli gruppi. La situazione che stiamo vivendo in questi giorni ci porterà a un’ulteriore accelerazione di questo fenomeno?

Al di là del momento certamente difficile, tutto questo ci porterà a un certo tipo di accelelazione se le vittime non si ribellano. Viviamo tempi in cui non ci sono più i movimenti collettivi, non c’è più rappresentanza, dove i ricchi votano la cosiddetta sinistra, e i poveri la cosiddetta destra. Se considerassimo la situazione da un punto di vista globale, comprendendo ad esempio il problema di aver messo la Cina nel Wto nel 2001, o che l’Europa senza essere veramente unita non può andare da nessuna parte, forse sarà questo movimento sociale ed economico a produrre una nuova forma di aggregazione. D’altra parte, le lotte sociali iniziano sempre quando le masse intravedono un miglioramento della condizione sociale all’orizzonte, altrimenti restano immersi nell’abisso in cui sono stati cacciati dai padroni. Purtroppo i capitalisti non capiscono che le pecore si tosano, non si ammazzano, intendendo il sovracapitalismo dirompente che governa l’economia del mondo. I piccoli e medi imprenditori le pecore le tosano...

Quando il “cigno nero” del coronavirus sarà finalmente passato arriverà davvero, come suggerisce il titolo del suo libro, il tempo della resurrezione?

Se parliamo di lavoro, può accadere soltanto se i lavoratori riprenderanno in mano il loro destino, con i sindcacati e i partiti a fare la loro parte, dalla loro parte. In questo periodo così nefasto, mi torna spesso in mente Cornelius Castoriadis, e il suo “Socialisme ou Barbarie”. Mutando di senso, mi pare che in questo secolo XXI siamo invece arrivati a “capitalismo o barbarie”... Staremo a vedere.