Il tema della diversità e dei disabili, il mondo del lavoro, la situazione della scuola. Con questi temi di riferimento – ma anche altri -, la casa di produzione Officina Film inaugura un nuovo settore per la distribuzione di dvd. L’obiettivo dichiarato è diffondere opere di cinema sociale, che non escono in sala e risultano invisibili attraverso canali tradizionali. Nei prossimi mesi partirà il lavoro distributivo, ma Officina è sempre alla ricerca di nuovi autori: sul loro sito è possibile mettersi in contatto e sottoporre materiale. E’ una scommessa che sfida le grandi realtà distributive, quella dei produttori Giuditta Tarantelli e Mirko Locatelli: quest’ultimo, anche regista, nella sua esperienza migliore è andato al Festival di Venezia con Il primo giorno d’inverno (2008). Non ha avuto la stessa fortuna al cinema, con poche proiezioni periferiche (a Roma solo una sala), allora meglio provare a muoversi da soli. Nonostante le difficoltà, che ci siamo fatti raccontare proprio dall’autore.

Rassegna Come hai deciso di distribuire film a tematiche sociali?

Locatelli Siamo una casa di produzione attiva da dieci anni, nel 2008 abbiamo prodotto il primo lungometraggio. Subito ci siamo resi conto che uno dei momenti più difficili per un film è l’uscita: puoi ottenere visibilità in un festival, ma poi c’è un imbuto che non ti permette di arrivare in sala e in home video. Per questo i nostri lavori ce li distribuiamo da soli, ora proviamo a spingerci oltre: anche i dvd hanno pochi sbocchi, solo alcuni arrivano nei negozi e nelle librerie.


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Quale molla vi ha spinto a rischiare?

Locatelli E’ stata l’esperienza di una casa di distribuzione tedesca: in Germania questa ha venduto mille copie di un nostro film a tematica sociale, quindi abbiamo deciso di imitarla. Lavorare su piccoli numeri, su opere che nessuno distribuisce ma che contengono un messaggio, questo il nostro metodo. Un film piccolo spesso si perde, ma ha concetti da esprimere e risulta stimolante anche come linguaggio: ci interessa che un film dica qualcosa, non la decisione di incassare a priori. L’home video è praticamente l’ultima spiaggia: non tutti hanno 40-50mila euro per stampare i film in pellicola, i dvd si vedono solo nelle pochissime sale che fanno videoproiezioni.

Rassegna Ci racconti i vostri temi prediletti?

Locatelli Parliamo di disabili, scuola, lavoro. Ma non c’è un argomento specifico: ci apriamo a tutti gli autori che fanno cinema del reale, documentari o fiction che però sono sempre legati alla realtà. Vorremmo proporre un certo tipo di cinema europeo, che in Italia abbiamo un po’ dimenticato, perchè molto spesso si preferisce fare calcoli di marketing. Invece le cose davvero libere sono quelle che fai da solo, in 20-30 persone: nel nostro caso, non abbiamo nessuno che decide per te cosa mettere e non mettere dentro un film.

Rassegna Ti riferisci evidentemente alle grandi case di distribuzione.

Locatelli Non voglio fare nomi, ma prendi il Festival di Venezia di quest’anno: le cose più interessanti erano nelle sezioni collaterali, perché i film in concorso – quelli con maggiore visibilità – devono rispondere alle grandi produzioni, basti vedere poi chi li distribuisce.

Rassegna Un documentario che proponete sul vostro sito, Una destinazione imprevista, racconta la vita di alcuni bambini disabili. Una cosa del genere non dovrebbe andare sulla Rai in prima serata?

Locatelli Ci sono due problemi. Il primo è di ordine legislativo: il servizio pubblico non ha nessun obbligo nei confronti di film autoprodotti. Non c’è una legge che protegge il cinema italiano, non viene considerato come strumento di crescita collettiva. Per esempio, sarebbe utile una norma che impone alla televisione di comprare e trasmettere ogni anno un certo numero di opere prime. I produttori sarebbero incentivati a farne di più, mentre adesso si affidano solo ai contributi ministeriali. E per vendere fanno ricorso ad attori famosi ed altri espedienti che non c’entrano con il cinema.

Rassegna E l’altro problema?

Locatelli E’ quello delle lobby: le case di produzione influenti sono sempre le stesse. Ci sono 3-4 colossi, che si spartiscono i finanziamenti pubblici e la presenza sul mercato. In questo modo anche i cinema hanno le mani legate: i gestori delle sale per riuscire a stare in piedi hanno bisogno di affidarsi ai circuiti delle grandi holding, quindi propongono questi film e li preferiscono alle opere di cinema sociale.

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