L’Inail rinasce nel post-Resistenza, come ente assicurativo che indennizza i danni subiti. Dal 2000, però, la questione dell’indennizzo – che in termini economici rimane la parte prevalente del bilancio dell’Istituto – si è fatta meno importante. Da allora, infatti, si sta tentando, seppur in mezzo a mille contraddizioni, di mettere al centro attività istituzionali orientate alla prevenzione. Questo vuol dire occuparsi in anticipo di tutti quei fenomeni che producono esposizione al rischio e possono generare danni.

Nel 2010 l’Inail ha avuto un “colpo di fortuna”: è stato costretto ad assorbire l’Ispels. Questo accadde per ragioni non strategiche; l’Ispesl costava molto di più di quanto le casse dello Stato potevano permettersi. Ma per l’Inail è stata una fortuna, perché non si può fare politica della prevenzione senza un’attività di ricerca. In questi anni abbiamo realizzato l’integrazione, abbiamo riesaminato le ricerche, cercando di produrre strategie di prevenzione. Il nostro obiettivo, adesso, è quello di portare la ricerca su un tema che non è sempre gradito: la questione dei modelli organizzativi.

Quando ero un giovane dirigente sindacale dei metalmeccanici il tema dell’organizzazione del lavoro riguardava la scomposizione delle mansioni, da cui conseguiva il tentativo di ricomporle per non cadere nell’alienazione da “tempi moderni”. Poi l’organizzazione del lavoro si è evoluta, abbiamo superato il tema della misurazione del tempo, siamo passati “dall’orologio all’organismo”: la questione, cioè, non è più la vendita mercantile della forza lavoro misurata in ore, ma è il processo produttivo, gli obiettivi. Fare cultura della prevenzione, dunque, è studiare un’organizzazione del lavoro che permetta un benessere psicofisico.

In concreto, per questo, cosa fa l’Inail? Anzitutto cerca di rendere disponibili i finanziamenti orientati alla formazione degli attori della prevenzione. È stato pubblicato in questi giorni, infatti, un bando pubblico di finanziamento per la formazione aggiuntiva, dentro alla quale possono rientrare i percorsi sull’organizzazione del lavoro. La seconda questione che stiamo affrontando riguarda la rilettura del decreto 38 del 2000, che si fa carico del benessere della persona lavoratrice nella sua complessità, tanto è vero che introduce, con l’indennizzo del danno, oltre agli aspetti del danno patrimoniale, cioè del danno conseguente alla riduzione della sua capacità nello svolgimento della mansione, anche quelli del danno biologico. Ma indennizzare il danno biologico vuol dire che l’assicurazione interviene a tutto campo, si fa carico di tutte le possibili conseguenze che il lavoro può produrre sull’integrità psicofisica del lavoratore.

L’Inail sta anche scrivendo un regolamento per intervenire a fianco del datore di lavoro, con risorse dell’Istituto, sull’organizzazione del lavoro e sulla struttura produttiva (cioè le attrezzature), allo scopo di ricreare le giuste condizioni affinché una persona che ha subito un danno, fisico o psicologico, possa reinserirsi nel contesto di lavoro. Il regolamento ha molti caratteri innovativi: prevede, ad esempio, che al lavoratore che ha subito un danno nella sfera dello stress lavoro correlato sia garantito un supporto di carattere psicoanalitico. È questo, dunque, il cantiere che sta costruendo il “nuovo Inail”: un’occasione importante, perché si confronta un’idea di azienda sociale che nell’occuparsi di efficienza, redditività, produttività, ricerca un positivo rapporto con il benessere psicofisico dei lavoratori.

* Francesco Rampi è presidente del Civ Inail
(sintesi riveduta dall'autore dell'intervento al convegno "Il piacere di lavorare", tenutosi a Perugia il 15 gennaio scorso)