No al progetto di trasferimento da Roma a Cologno Monzese (Milano). È questa la motivazione dello sciopero dei redattori del Tg5 Mediaset indetto per venerdì 26 maggio, prima protesta di un pacchetto di tre giorni di stop. L'astensione dal lavoro durerà 24 ore e interesserà tutte le edizioni del telegiornale (previste tre finestre informative della durata di cinque minuti ciascuna).

“L'ennesimo impoverimento del territorio. Una ristrutturazione effettuata senza ascoltare le ragioni dei lavoratori”. Questo il commento del segretario Slc Cgil Roma e Lazio Dino Oggiano e del segretario dell'Associazione stampa romana Lazzaro Pappagallo, precisando che “non ci sono ragioni strutturali che giustifichino lo spostamento del Tg5 a Milano” e che per la Capitale sarebbe “una perdita di valore aggiunto nel settore dell'editoria”. Slc e Associazione stampa romana ricordano che “solo un paio di anni fa il Centro Palatino è stato ampiamente ristrutturato per permettere all'ammiraglia di Mediaset di consolidare il suo primato di telegiornale privato più visto d'Italia”. Un telegiornale nato nella Capitale nel gennaio 1992, che “ha fatto della sua doppia anima, Milano e Roma, il marchio di fabbrica”.

Slc Cgil e Associazione stampa romana rimarcano che “lo stravolgimento della missione editoriale, di fronte anche a un investimento così recente, non ha senso. A meno che si voglia per il Centro Palatino un futuro di soft news, di racconti a metà tra lo strappalacrime e la televisione promozionale, che di valore aggiunto editoriale hanno ben poco”. I sindacati, infine, sottolineano come sia “intollerabile scaricare sulle spalle dei lavoratori e delle loro famiglie la scelta di accettare il trasferimento o dimettersi. Perché queste ristrutturazioni nascondono il sapore acre di licenziamenti mascherati”.

Il Comitato di redazione (Cdr) si oppone al trasferimento perché questo “comporterebbe un ridimensionamento del ruolo del Tg5, da 25 anni testata di successo grazie alla sua autorevolezza, professionalità, autonomia, credibilità”. Il progetto, inoltre, provocherebbe "il grave rischio di omologazione e appiattimento dell'offerta giornalistica di Mediaset, nella prospettiva finale di una redazione unica, che tradirebbe la necessaria ricchezza di voci e pluralismo, da sempre motivo di vanto dell'editore, soprattutto in riferimento a quella che è da sempre la testata a più spiccata vocazione 'ecumenica'”.

C’è poi una questione specificamente relativa a Roma. Il Cdr evidenzia anche l’inevitabile “ridimensionamento del ruolo di Mediaset nella Capitale d'Italia. Una scelta incomprensibile, essendo Mediaset un'azienda che lavora in regime di concessione pubblica e che ha costruito il proprio successo in questi anni con una forte presenza a Milano e a Roma”. A questo si aggiungerebbe i “disagi per centinaia di dipendenti (giornalisti, impiegati, tecnici e operai), costretti a un trasferimento che per molti rischia di trasformarsi nella perdita del posto di lavoro” e i “gravi contraccolpi economici per il vasto indotto che ruota attorno a Mediaset Roma”.

Per il Comitato di redazione, infine, sarebbe “pesante il danno per l'economia del territorio, già provata da anni di crisi e aggravata della scelta di alcune imprese editoriali di abbandonare Roma e dalla profonde difficoltà che riguardano grandi imprese (Alitalia) e tante medie e piccole aziende nel settore dei servizi”, un danno che spingerebbe ancora più in là “il crescente depauperamento culturale della città, che rischia di trasformarsi in breve da viva capitale europea a museo a cielo aperto, sempre più agonizzante tra emergenze e abbandono”.