Alla Milanesiana, su invito di Elisabetta Sgarbi, con il sindaco di Ferrara Tagliani, di Finale Emilia Ferioli, di Ro Parisini, con Roberto Pazzi, giornalisti e poeti a parlare di Emilia, Ferrara, terremoti.


          "Un viaggiatore inglese dell'800 scriveva: "strana gente questi ferraresi, gli fai domande su Tasso e ti rispondono su Ariosto..." Questa stranezza è rimasta fino a oggi: amiamo la follia immaginata di Orlando e rimuoviamo quella clinica di Torquato. Siamo passati dal rinascimento visionario al novecento realistico e metafisico ma non abbiamo frequentato molto il romanticismo di Lord Byron che si fa chiudere nella cella del Tasso per respirarne l'aria malata. Forse perché non c'era nulla di romantico nella Ferrara deserta, spogliata e decadente frequentata dal Grand Tour e riprodotta nelle ceramiche Wedgewood: acque ferme nostrane, il Castello Estense come sfondo e pescherecci inglesi in primo piano.
Non c'era niente di eroico e di immaginifico nemmeno nella vita quotidiana della corte rinascimentale estense, se non nelle teste dei poeti e dei pittori della grande officina. Tantomeno nella miseria quotidiana della città. Ma questa è un'altra storia: anzi, sarebbe la storia vera, ancora non raccontata se non nei film di Olmi e di Vancini.
Un critico letterario (sempre inglese) ha scoperto che invece c'è una correlazione molto stretta tra città celeste e città terrestre. Tra la Gerusalemme finalmente Liberata e la Ferrara che ancora tratteneva Tasso in prigione o in ospedale (la distinzione è dei secoli successivi). Non solo nella perfetta corrispondenza tra il numero dei canti e il numero delle strade che tagliavano Via dei Prioni, il nuovo asse dell'Addizione Erculea. La città reale e la Gerusalemme cantata corrispondono anche nell'asimmetria. Nel fatto che prima Biagio Rossetti e poi Torquato Tasso hanno posto il baricentro, la Piazza Nova e il canto più importante della Gerusalemme non a metà delle loro opere, bensì qualche spazio dopo, come la Piazza Nova non è al centro del crocicchio in asse con il Castello ma spostata qualche traversa verso Est. Un'asimmetria molto moderna se voluta, molto antica se casuale. Persino contemporanea se imposta al Duca dalle pressioni della rendita urbana di allora. Non sappiamo.
Era, non troppo casualmente, il 1492 quando Ercole decise di allargare gli orizzonti e raddoppiare gli spazi urbani della città a Nord del Castello verso Mirasole e Belfiore e affidarne la progettazione alla penna visionaria e geometrica insieme di Biagio Rossetti, che per l'occasione si inventò il mestiere fino allora sconosciuto dell'urbanista. La Piazza asimmetrica, quello spazio aperto, avrebbe dovuto diventare il simbolo della sua impresa. In quella Piazza Nova spostata sulla destra Ercole avrebbe voluto collocare se stesso a cavallo, ci dicono i cronisti, in cima a due grandi colonne decorate con foglie di quercia. In modo che fosse chiaro a tutti che anche a Ferrara il futuro si andava delineando oltre le colonne d'Ercole e che la spinta propulsiva (libera e caotica) dei comuni medioevali si era ormai esaurita. Ora c'era un potere centrale forte a sostituire le fazioni in permanente lotta fra loro. Chissà se la chiamavano riforma istituzionale...
Ercole e Biagio progettavano il futuro di quella Ferrara che Torquato avrebbe cantato 60 anni dopo. Ma sull'unica colonna superstite della Piazza Nova oggi c'è la statua di Ariosto e non quella di Tasso.
Aggiungo appena (per chi non è stato adolescente a Ferrara) che se la Tasso era una buona scuola media della borghesia cittadina, l'eccellenza dell'insegnamento e della cultura classica si sono sempre respirati al Liceo-Ginnasio Ludovico Ariosto. (Niente a che vedere né l'una né l'altra con la natura più popolare e quasi "vulgare" della Dante Alighieri, o Aldighieri, per dirla alla ferrarese...)
Così è apparso molto naturale e quasi ovvio che, quando anni fa si progettava un percorso turistico ferroviario che unisse Mantova, Ferrara e Ravenna, si pensasse di costruire 4 treni nuovi (materiali, li chiamano i ferrovieri) e dedicarli, in ordine di orario, a Virgilio e Dante il mattino, ad Ariosto e Tasso la sera. Tanto per dare il segno al viaggiatore di oggi che in questi 150 chilometri di terreno padano alluvionale (proprio il cratere sismico) si è aggirata gran parte della "follia" creativa nazionale degli ultimi duemila anni.
Terreno alluvionale ma instabile: "Chilometri di sabbie e ghiaie con sotto montagne in movimento" ha titolato un mensile divulgativo di scienza per spiegare il terremoto recente e anche quello ancor più devastante dell'epoca di Tasso per cui la città risultò a lungo spopolata. Così oggi il monumento ad Ariosto nel catino della moderna Piazza Ariostea (genialmente abbassata 3 metri sotto il livello della strada durante il ventennio), attorno a cui ha "giocato" anche Italo Balbo (vittima e artefice di altre follie emiliano-romagnole), quel monumento ad alti gradoni che dedica "A Ludovico Ariosto la Patria" è oggi tristemente circondato dalle strisce di plastica a righe bianche e rosse che dal 20 maggio indicano in città le aree inagibili e il pericolo di crolli.
Cosa abbia dato la Patria a Ludovico Ariosto non è chiarissimo. All'epoca molti noiosi incarichi diplomatici da parte del suo Signore, il Cardinale Ippolito, e incombenze di corte. Tra cui la creazione di un Epitalamio in accoglienza di Lucrezia Borgia che veniva a sposare il figlio di Ercole d'Este con la sua allegra corte spagnolesca e la sua cupa eredità pontificio-romana. Un componimento poetico, si deve notare, celebrativo quanto inascoltabile, tanto l'allegoria sembra soffocare la fantasia creativa del poeta.
Poi, solo qualche celebrazione e riedizione qua e là lungo i secoli. Fino alla rappresentazione più ariostesca di tutte: l'Orlando di Luca Ronconi dei primi 70 con i grandi cavalli di legno spinti da attori e figuranti nelle piazze di mezza Europa. Quando anni fa ho chiesto a Ronconi se avesse voglia di rappresentare a Ferrara anche una Gerusalemme Liberata mi ha risposto che non era possibile perché Ariosto "si declama" mentre Tasso "si legge".
Torniamo alla statua di Ariosto e a quel che gli ha dato la Patria. Ludovico è ora un marmo grigio scuro che ha bisogno di impacchi profondi e delicati per tornare bianco. Sono potuto andare di recente a guardarla da vicino e ho scoperto con orrore che la sua grande testa, a più di 20 metri d'altezza, è cosparsa di muffe e percorsa da formiche. Formiche reali non metafora di un cervello inquieto e insofferente. Piuttosto le muffe che avvolgono il marmo potrebbero essere il simbolo di una città tornata a soffrire e intorpidirsi.
Il terremoto ha danneggiato l'hardware civile-industriale e storico-architettonico ma anche il software culturale diffuso delle città e dei paesi che ha colpito. Ed è più semplice ricostruire il primo che restaurare il secondo.
Ferrara nei secoli ha inventato e prodotto cultura materiale e immateriale, non solo per sé. Ora rischia di fermarsi e ammuffire per colpa delle montagne in movimento dal basso e la mancanza di aiuti, l'Olimpo della politica e delle istituzioni che ci osserva immobile, dall'alto. Parlare di Ferrara è già una spinta a riprendersi. Rievocare la sua storia è già invitarla a scuotersi dal presente incerto e sognare nuovi ippogrifi benefici.
Prima di venire qui ho letto queste righe a un amico che mi ha chiesto: quale sarebbe il canto "centrale" della Gerusalemme Liberata di cui parli? Io ho dovuto obbligatoriamente rispondergli: non lo so, mi sono fidato di quel critico letterario inglese perché Ariosto l'ho letto anche in una copia anastatica della prima edizione, ma Tasso, da ferrarese, lo conosco poco."
Milanesiana, 19 luglio 2012

PS. Spiace ricordare che 2 sere fa, un giornalista che proviene dagli USA (Claudio Gatti del Sole24ore) e che non conosce né la città né i suoi amministratori, abbia descritto in TV una Ferrara novella Gomorra dell'inquinamento chimico e dell'intreccio tra interessi industriali illegali e poteri costituiti. Non gli accertamenti, le caratterizzazioni, le assemblee pubbliche e le bonifiche avviate, ma presunte menzogne, sotterfugi, abusi. Spiace soprattutto che questa "vigliaccata" alla città l'abbia fatta La7. Come rispondere? Per quel che mi riguarda l'Istituto Superiore di Sanità fa fede su La7. Chi non teme la verità venga a vedere di persona come si lavora sui temi ambientali a Ferrara. Chi preferisce i pregiudizi e le deformazioni del reale se ne stia pure oltre le colonne d'Ercole.