Ricongiungimenti famigliari, correttezza nei procedimenti amministrativi, concessione della cittadinanza italiana, riconoscimento dello status di lungo soggiornante. Sono solo alcuni dei problemi che saranno oggetto di nuove forme di class action (o di contenziosi collettivi) per gli immigrati in Italia. L'idea, lanciata dalla Cgil e dal suo patronato Inca, è nata da anni di esperienza sul campo, visto sia il sindacato, sia il patronato hanno avuto modo di entrare in contatto con decine di migliaia di immigrati che hanno avuto la necessità di assistenza e di tutela nei loro rapporti con la pubblica amministrazione, nelle pratiche di rinnovo o di rilascio del permesso di soggiorno, nelle procedure di regolarizzazione della posizione lavorativa, nelle richieste di ricongiungimento familiare.

Proprio grazie a questo scambio continuo e a questo elemento di conoscenza diretta dei problemi, la Cgil e l'Inca hanno potuto proporre numerose azioni di tutela, sia nella forma di vertenze individuali, sia mediante il ricorso alla contrattazione con le amministrazioni territoriali (questure, prefetture, eccetera). Il bilancio delle esperienze realizzate e i progetti di sviluppo della nuova forma di class action saranno oggetto della conferenza stampa di mercoledì 1 giugno (ore 11,30), nella sede nazionale della Cgil, Corso Italia 25. Alla conferenza stampa interverranno Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil e Morena Piccinini, presidente dell'Inca e Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori. Sono state già presentate due azioni collettive contro il ministero dell’Interno, per il ripristino della correttezza e dell’efficienza dei procedimenti amministrativi in tema di concessione della cittadinanza italiana e in tema di riconoscimento dello status di soggiornante di lungo periodo.

"Per quanto riguarda la cittadinanza - si legge nella nota - , si intende intervenire sulla sistematica e gravissima violazione dei termini massimi per la conclusione dei procedimenti amministrativi. Benché la legge preveda che le procedure di naturalizzazione debbano concludersi entro due anni dalla presentazione della domanda, si verifica in concreto che gli istanti restino in attesa per tre, quattro e più anni. Il disservizio appare ancora più grave alla luce delle recenti modifiche legislative che con il “pacchetto sicurezza” approvato nel luglio 2009 hanno imposto ai richiedenti la cittadinanza di pagare una tassa di 200,00 euro al momento della presentazione della domanda".

In molti casi sono stati promossi contenziosi cosiddetti “pilota”, ad esempio in tema di accesso alle prestazioni di assistenza sociale. Le forme più vistose di discriminazione ai danni dei non-cittadini sono state portare all’attenzione dell’autorità giudiziaria e talvolta anche della Corte costituzionale. Dalla Consulta è stata ottenuta, ad esempio, la famosa sentenza 432/2005 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una legge regionale lombarda che introduceva delle agevolazioni tariffarie in favore degli invalidi civili, escludendo però del tutto dal beneficio coloro che non fossero in possesso della cittadinanza italiana.

L’Inca ha promosso azioni di tutela in tema di ricongiungimento familiare (istituto modificato in senso restrittivo dal governo nell’ottobre 2008), di conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo, nonché per la declaratoria di incostituzionalità del reato di “immigrazione clandestina”. Una speciale attenzione è stata poi prestata alla trasparenza nella gestione delle procedure di ingresso dei lavoratori extracomunitari, tanto che sia il decreto flussi per l’anno 2007 che quello per l’anno 2008 sono stati interessati da procedure giurisdizionali con l’intervento dell’Inca: per l’anno 2007, con sentenza non impugnata, è stata sanzionata la irregolarità della procedura informatica di acquisizione delle istanze relative al decreto-flussi; per il 2008, è stata rimossa, con pronuncia cautelare anche del Consiglio di Stato, la discriminazione nei riguardi dell’accesso ai flussi dei datori di lavoro stranieri.

Su ricorso della Cgil, in tre sentenze (nn. 1239, 1240, 1242 del 2011) il Tar Lombardia ha stabilito che i Comuni non hanno poteri di ordinanza e neanche poteri regolamentari in materia di anagrafe ed in materia di immigrazione, non potendo quindi autonomamente regolare, anche per profili diversi da quelli anagrafici, la posizione degli stranieri. Ciò implica l’illegittimità anche di atti comunali che discriminino gli stranieri, per l’accesso ai servizi sociali o altre prestazioni pubbliche, introducendo requisiti non previsti da leggi statali.

Da parte sua Federconsumatori si occupa da anni anche dei problemi dei consumatori immigrati. In particolare l'associazione dei consumatori guidata da Trefiletti ha pubblicato una guida speciale al consumo dal punto di vista degli immigrati e ora ha deciso di partecipare con l'Inca e la Cgil alle nuove class action. Dal punto di vista procedurale, le azioni di classe prendono avvio con un atto di diffida a cui il ministero è tenuto a fornire risposta entro 90 giorni dal ricevimento. Sono legittimati ad agire sia i privati cittadini pregiudicati dal disservizio dell’amministrazione che gli enti collettivi e le associazioni di tutela dei soggetti portatori dei medesimi interessi. Se l’amministrazione non risponde nel termine di 90 giorni o se risponde in modo insoddisfacente o se comunque il disservizio non viene eliminato, può essere promossa nel termine di un anno la vera e propria azione di classe in sede giurisdizionale innanzi al Tar.