“Occorre ripartire da una strategia unitaria del Mezzogiorno, perchè nel corso di questi anni ne è seguita solo una politica di frammentazione e di localismo. Non abbiamo fatto una sola infrastruttura lunga nel Sud, accentuando così le distanze dall'Europa, nonostante il Meridione sia l'hub ideale per lo sviluppo di energie alternative”. Così ha esordito Emilio Miceli, segretario generale della Filctem Cgil, introducendo il dibattito con gli interlocutori istituzionali e i dirigenti di impresa presenti oggi (16 settembre) a Bari al convegno della Filctem su “Cantiere Mezzogiorno: le proposte Filctem per tornare a crescere”.

I numeri relativi ai settori chimico-farmaceutico, tessile, dell’energia e delle manifatture nel Sud d’Italia aiutano a capire meglio le ragioni dell’iniziativa: oltre 200 mila addetti, 26 mila imprese e un fatturato aggregato di 57 miliardi di euro l’anno, che – detto in altri termini – significa il 26% dell’occupazione, il 38% del fatturato e il 23% delle imprese.

L’intendimento della Filctem vuole essere quello di mettere a confronto le proprie proposte – redatte in una ricerca curata da Betto Aquilone, responsabile dell’area studi e ricerche della categoria, e da Clemente Tartaglione, economista Ares 2.0 – soprattutto con istituzioni e imprese, per contribuire all’elaborazione di un piano industriale che sia in grado di rilanciare sviluppo e occupazione, in un territorio che continua ad accumulare ritardi nel suo posizionamento competitivo. Tanti gli ospiti intervenuti: dal direttore generale dello Svimez Riccardo Padovani al viceministro dello Sviluppo economico Teresa Bellanova, dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano a numerosi dirigenti di azienda e agli amministratori di Eni, Enel, Acquedotto Pugliese, Novartis, Cesame.

Se poi guardiamo ai grandi numeri, - ha proseguito Miceli nel suo intervento -  le classi dirigenti non hanno saputo esprimere una linea convincente. Siamo fuori da tutte le reti transeuropee e abbiamo ancora il più basso grado di innovazione: una endemica debolezza del Mezzogiorno ad elaborare una propria strategia”. “Eppure nel Meridione c'è un grande flusso di energia immagazzinata, di risorse di cui disponiamo: uno degli elementi sui quali invitiamo a riflettere”.

“La cassa del Mezzogiorno - ricorda - è stato l'ultimo strumento che ha consentito e ha agevolato un processo di industrializzazione, a volte distorta, ma che ha consentito una diffusione dell'industria in un'area più povera. E se guardiamo oggi a questo territorio, anche con le sue eccellenze che sono tante, non possiamo che rilevare una mancanza nella classe politica e dirigenziale in grado di operare una reazione, una scossa importante”. E un primo passo non può che essere quello di “un piano straordinario per l'occupazione che la Cgil ha messo in campo, il cui cuore deve essere il Sud. E l'occupazione deve essere incentivata, altro che scambio produttività – occupazione, di cui sono innamorati governo e Confindustria: è solo negativo – aggiunge polemico -  e non produce niente di buono”.

Noi dobbiamo produrre lavoro e abbiamo bisogno di un ruolo nazionale delle grandi imprese. Miceli ha chiesto che “cambino passo, perchè soprattutto Eni ed Enel hanno un compito di responsabilità nazionale, soprattutto nel cambiamento del mix energetico”. Una buona notizia – ha concluso il segretario - è quella che Eni dedicherebbe il 30% dei suoi investimenti al Sud, altrettanto buona sarebbe quella di Enel se guardasse con più attenzione ad investire nelle rinnovabili non solo in Canada e in Africa, ma se spostasse la sua attenzione anche al Sud”.

Mazzariello: le proposte per tornare a far crescere il Sud

“L'Italia continua ad essere un Paese che marcia a due velocità, anzi, la distanza tra il Nord industrializzato e il Sud è in aumento. Il riequilibrio economico e occupazionale è la via maestra per traghettare l'intera penisola fuori dalle secche, consapevoli che nel Mezzogiorno insistono i più ampi margini di crescita”: a dirlo è Gabriele Mazzariello, segretario nazionale della Filctem, nella sua relazione di presentazione.

In particolare, sono tre le proposte che Mazzariello ha avanzato per un confronto serrato con istituzioni e imprese: un hub energetico sempre meno 'di transito', ma un luogo dove si concentrino gli investimenti promessi da aziende del calibro di Eni, Enel, Snam, Terna, nelle reti elettriche e del gas, nella bioraffinazione, per fare del Sud il cuore energetico del paese e il principale protagonista del rapido superamento della fase di transizione, tra vecchie e nuove fonti di produzione.

"Assieme a ciò – ha sottolineato il dirigente sindacale –, la Filctem punta il dito soprattutto sulle infrastrutture e sulle reti: occorrono massicci investimenti per far crescere un nuovo modello di distribuzione dell'energia (le cosiddette reti interattive), proprio per garantire la necessaria continuità di erogazione a basso costo dell'energia prodotta nei territori del Mezzogiorno, “decisamente utile ad affermare una politica industriale che vuole accelerare lo sviluppo dell'intero paese”.

"Sul manifatturiero in particolare – ha continuato il sindacalista –, va ripresa la programmazione negoziata, attraverso misure di sostegno all'innovazione di processo e di prodotto, con strumenti quali i distretti industriali e le reti d'impresa, capaci di sollecitare un protagonismo dei territori, che oggi la politica sembra voler unicamente avocare a sè”.

"Intendiamoci, troviamo condivisibili – ha proseguito l'esponente Filctem – alcuni dei contenuti del cosiddetto masterplan per il Mezzogiorno, elaborato dal Governo, e  i patti sottoscritti tra la Presidenza del Consiglio e i presidenti di Regione. Ma non vorremmo, come già successo, che fosse troppo calato dall'alto e che - una volta elaborate linee di indirizzo e progetti, magari poi lasciati sulla carta – non vi fosse la convinta partecipazione, la spinta dal basso dei soggetti direttamente interessati alla loro realizzazione, e cioè il mondo del lavoro in tutte le sue componenti”. 

Camusso: puntare su investimenti e innovazione di qualità

A concludere il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. “Il cantiere è quell’idea di non limitarsi a una fotografia, ma d'immaginare i percorsi da fare, perché il divario e la diseguaglianza non continui ad accentuarsi. Allo stato attuale, il nostro non è un Paese unitario. La proposta 'Laboratorio Sud', il piano Cgil per il Sud, è simile a 'Cantiere Mezzogiorno'. Partiamo dai processi di istruzione e formazione, che in Italia rimangono qualcosa di separato dal contesto di sviluppo e innovazione. Una politica imperante di questo governo è quella di dare sostegni e incentivi a chi è già conosciuto, il resto può pure precipitare. Si investe solo su quello che è consolidato. Ad esempio, esistono solo due Politecnici, quelli di Milano e Torino, tutte le altre università non contano. Il progetto dell'esecutivo 'Industria 4.0' passa solo su alcuni istituti e centri di ricerca, non sull’insieme delle strutture".

"Un paese che perde i giovani, come l’Italia, è un paese senza prospettive – ha continuato la leader Cgil –; se ne vanno soprattutto i giovani del Mezzogiorno, perché non hanno alcuna prospettiva. La legge sulla 'Buona scuola' e l'avvio dell’anno scolastico vanno di pari passo, cioè male. Qual è il tasso d’istruzione di cui abbiamo bisogno? E l’alternanza scuola- lavoro funziona? Il tempo dell’istruzione e della qualificazione professionale non può essere lo stesso di 40 anni fa, come accade da noi. Tutto il paese ha bisogno di fare un salto nell’innovazione, e una delle componenti essenziali è che si alzi il tasso d’istruzione a livello nazionale. Il livello di scuola dell’obbligo continua ad essere troppo basso. In tutta Europa gli accordi fatti con le aziende si fanno sulla prosecuzione di un percorso formativo. E da noi quegli accordi si fanno con aziende tedesche, non italiane. Stesso discorso sul tasso di assunzione dei laureati, dove il sistema delle imprese non brilla su questo".

"Secondo elemento che caratterizza il cantiere – ha proseguito la dirigente sindacale – è che se si vuole ridurre il divario Nord-Sud, bisogna parlare di industria anche nel Mezzogiorno. L'ossatura economica del Paese è manifatturiera e di trasformazione industriale. Secondo me, il tema del futuro non è contrapporre due diritti fomdamentali, come la salute e il lavoro in un territorio. Tale consapevolezza deve diventare politica preventiva. Così come lo è cosa è proritario tra le scelte di investimento. Bisogna fare investimenti sui temi dell’ambiente e della salute, che però non siano distaccati dalla produzione industriale. Per noi, lo sviluppo industriale rimane prioritario, che non vuole dire incentivazione a pioggia, come hanno fatto gli ultimi governi: è un modello che non ha funzionato. Anche perchè non c’è proporzione tra le risorse date alle imprese sotto forma di incentivi e quanto investono poi le imprese stesse. Di fatto, non ci sono più investimenti privati, e allora ci chiediamo: il governo come si deve comportare? Quali sono a quel punto i vincoli e le priorità del Paese? La decontribuzione, così come è stata fatta, non ha determinato uno sviluppo degli investimenti, con ricadute sull’occupazione. Il sistema è solo una politica di convenienza sui costi. Assistiamo a una frantumazione del sistema produttivo, nè è ripartita la domanda. Possiamo continuare ad alimentare l’offerta, ma se non riparte la domanda c’è poco da fare. Il cantiere Filctem è connesso anche a un piano straordinario dell’occupazione, messo a punto dalla Cgil, perchè c'è un nesso virtuoso fra occupazione e ripartenza della domanda".

"Il paese deve interrogarsi, vedi il tema del made in Italy, che non è solo moda, su nuove scelte strategiche – ha sottolineato ancora Camusso –: dobbiamo produrre nuove cose, al di là degli incentivi del governo, così come dobbiamo investire su nuovi asset. Senza tralasciare la chimica, un tessuto industriale che ancora bisogno delle sue basi industriali. Non siamo ancora del tutto virtuali - vedi la Germania -, che ha i piedi bene per terra. Cambiare il modello di produzione va bene, ma non si può prescindere dai settori base. Ma come s'interviene sulle infrastrutture materiali e immateriali? Le energie alternative vanno bene, ma c’è bisogno di un processo di transizione, che si chiama gas. Di media, in Italia siamo in ritardo sugli investimenti anche in quel campo.Si è parlato di riorganizzazione dei siti e di politiche sulle produzioni di fonti rinnovabili, che però sono in parte fallite nel nostro Paese, soprattutto sul piano occupazionale".

"Di recente, dopo il terremoto, il governo ci ha convocato su Casa Italia, un piano di messa in sicurezza del Paese – ha rilevato inoltre la sindacalista –. Se si vuole investire su questo, lì non c’è solo tanta innovazione, ma anche tante integrazioni con settori tradizionali, come le costruzioni. Pensiamo al risparmio energetico, alle tecniche di costruzione alternative, ma passa su quel versante anche un grande pezzo dell’industria chimica, per quanto riguarda la ricerca di nuovi materiali. Il problema è che il Paese deve indicare il suo progetto e quali sono i suoi orizzonti, e gli incentivi vanno distribuiti sulla base di questo, non a pioggia. L'anno scorso il governo propose un piano per il Mezzogiorno: noi dicemmo di non fare come in passato, con ogni territorio che va per conto suo. L'obiettivo deve essere la creazione di un piano per ridurre la diseguaglianze tra Nord e Sud, non singole trattative fra governo e amministratori locali, come di fatto è accaduto in passato, dove si è andati avanti con fondi straordinari, ma si è sistematicamente tagliata la spesa ordinaria, soprattutto sul fronte delle politiche sociali e del welfare".

"Il Mezzogiorno non è tutto uguale, ma non ha infrastrutture fondamentali – ha aggiunto il numero uno della Cgil  –: è una somma di regioni, distaccate dal resto del Paese. La dimostrazione? Prendete la rete dei trasporti, dove l’Alta velocità ferroviaria nel Meridione non esiste. E anche il livello del servizio aereo tra Sud e resto del Paese si è ridotto nel corso degli ultimi anni, vedi Bari, Sardegna, per non parlare della Calabria. Questo vuol dire che quella parte del Paese non è collegata neanche con l’Europa. E non c’è stata una compensazione a livello di Mediterraneo, vedi la politica del sistema portuale nazionale, del tutto inadeguata. C’è un tema, la qualità della direzione politica nel Sud".

"Qual è l’obiettivo?", si è chiesta il segretario Cgil. "Non ci sono infrastrutture materiali e immateriali. Non c’è una rete sociale nè una politica di welfare adeguata. Ed è questo che fa la qualità della vita. O il divario Nord-Sud viene recuperato, o il Paese non ha possibilità di crescita omogenea, e, per dirla, con le parole del presidente Ciampi - oggi scomparso -, non ha una prospettiva a livello di nazione. Il modo più serio per indicare a un Paese dove si va, è indicare cosa vuole innovare, quali sono i suoi orizzonti, come noi abbiamo indicato a suo tempo nel nostro Piano del lavoro. Occorre un progetto d'identità collettiva del Paese, che si fonda su due cose: la responsabilità sociale delle imprese e un disegno della politica sulle scelte da fare. Nel frattempo, bisogna agire, con la contrattazione aziendale e territoriale: ma scambiare salario di produttività con la defiscalizzazione non va bene, perchè se non ripartono gli investimenti la produttività continuerà a crescere di uno zero virgola. Mancano due cose fondamentali, investimenti e qualità dell’innovazione. E se si vuole davvero cambiare, ci vuole una grande idea complessiva sul Mezzogiorno”.

LEGGI ANCHE 
Il rapporto: le proposte della Filctem