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Roma, 6 ago. - (Adnkronos) - Il Mediterraneo non gode di ottima salute anche se, negli ultimi anni, qualcosa è stato fatto, soprattutto per la sponda nord. I fenomeni di inquinamento più evidenti sono stati risolti “ma ci sono cause più subdole che destano preoccupazione” come ad esempio il rumore, sostanze tossiche misconosciute e il cambiamento climatico. A tracciare il quadro è Alessandro Giannì responsabile delle campagne di Greenpeace sottolineando che “il Mediterraneo è in assoluto il mare più inquinato da idrocarburì” considerato che “passa il 30% del traffico commerciale petrolifero”. A soffrire di più, spiega Gianni all'Adnkronos, “è la sponda sud del bacino”.
La prima causa è da ricercare nell'aumento esponenziale della popolazione “che da 250 milioni è passata ad oltre 500 milioni di abitanti”. Urbanizzazione, porti, sversamenti in mare rendono così il Mediterraneo veramente sporco. Ma oltre alla plastica, che resta il nemico numero uno in termini di rifiuti, ci sono anche altri fattori che minacciano il Mediterraneo “come ad esempio il rumore, causato da traghetti o dai lavori lungo la costa, che ha un impatto negativo sui cetacei”. Secondo Giannì, inoltre, “ci sono anche altre sostanze tossiche, come ritardanti di fiamma, che non vengono prese in considerazione ma che hanno effetti pericolosi per la salute”.
Le fonti di emissioni più pericolose, dunque, “non sono quelle evidenti. Tutti temono la marea nera ma, in realtà, molto petrolio arriva in mare a causa del nostro utilizzo”. Tanto che “la somma dei piccoli sversamenti da terra è superiore a quella degli incidenti”. In questo scenario gioca un ruolo anche il cambiamento climatico. “E' probabile, ad esempio, che l'incremento della presenza di meduse sia dovuto non solo alla pesca ma anche alla modifica delle correnti”. Senza considerare che “è aumentata l'acidità del mare”. Il Mediterraneo, conclude, “è a rischio. Per questo siamo molto preoccupati anche per le possibili trivellazioni nel Canale di Sicilia. E' una follia”.