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Gli ultimi dati sulle esportazioni dai distretti industriali e manifatturieri delle Marche sono incoraggianti. Il segno più torna dopo anni di crisi nera. Ma non per tutti i settori. Va meglio per il calzaturiero e peggio per le pelletterie, bene le cucine ma non gli elettrodomestici. “Bisogna tener conto che il dato sulle esportazioni, nella nostra regione era un po' drogato dalla forte incidenza che ha la farmaceutica. Quindi va depurato”, fa però notare Roberto Ghiselli, segretario generale della Cgil Marche, ai microfoni di Italia Parla su RadioArticolo1.
“Nelle Marche – afferma il sindacalista - abbiamo avuto un andamento delle esportazioni molto più basso della media nazionale. Adesso notiamo un certo rimbalzo positivo soprattutto in quei settori dove c'era stato un precipizio. In particolar modo il calzaturiero e il mobile. Anche se in quest'ultimo caso i volumi sono molto bassi perché è un'attività che nelle Marche ha una propensione all'esportazione molto bassa”.
Si tratta dunque di un dato che non può essere enfatizzato. In effetti, i numeri della crisi nelle Marche parlano ancora di 19 milioni di ore di cassa integrazione, più di 16.000 lavoratori a zero ore, e un totale di quasi 75 milioni di reddito persi in soli 7 mesi.
“Magari – continua Ghiselli - in alcuni settori, in particolare in alcuni comparti della meccanica, dei segnali in controtendenza ci sono. Alcune aziende hanno completato la loro riorganizzazione e quindi in qualche modo si stanno riprendendo, e stanno anche assumendo. Ma sui grandi numeri non è così. Soprattutto nelle piccole e piccolissime imprese che hanno ancora un dato sull'occupazione stabile su livelli bassi”.
I segnali di ripresa occupazionale che vengono sbandierati a livello nazionale, quindi, nelle Marche si vedono poco. “Siamo ancora in mezzo al guado – ribadisce Ghiselli –. Ora si tratta di capire se abbiamo la forza di aprire una fase nuova che faccia valere i punti di forza del nostro territorio, oppure se rimarremo ancora nel pantano. Sarebbe opportuno che sia il governo nazionale sia la Regione, favoriscano una nuova fase di ripresa. Noi siamo convinti che la nuova programmazione comunitaria sia una grande opportunità. In 7 anni avremo più di un miliardo e 200 milioni da impiegare e quindi ci sarebbero sicuramente delle condizioni per aiutare le aziende marchigiane”.
Il sindacato, per ora, non può che gestire sopratutto le situazioni di emergenza. “La testa della nostra gente - ammette il segretario della Cgil regionale - è rivolta alla crisi, Siamo ancora nella fase 'difensiva'. Stiamo tentando di ricostruire un percorso che riproponga, anche in base ai piccoli segnali che stanno arrivando, i temi di una normale dinamica contrattuale che parte dal livello nazionale, dai contratti nazionali, dalle regole della contrattazione, fino alla contrattazione di secondo livello. Su questo stiamo mettendo in campo delle iniziative con le categorie. E sicuramente, in una regione come la nostra, fatta di una miriade di piccole e piccolissime imprese, avere delle forti regole che garantiscano lo sviluppo della contrattazione è determinante. Sia a livello nazionale che territoriale, che aziendale. Avere un contratto nazionale che mantenga le sue prerogative di salvaguardia e che determini alcune regole generali minime per tutti i lavoratori è basilare”.
L'obiettivo principale è perciò il rinnovo dei contratti. “La vicenda dei chimici – conclude Ghiselli – è sicuramente un buon segnale, perché le nubi che si stanno addensando su questi temi sono tante. Il fatto che si possano fare contratti condivisi unitariamente in questa fase è un il segno che dovrebbe tagliare un po' le unghie ai falchi che ci sono sia in Confindustria che nel governo”.