In Italia l'economia "non osservata", ovvero il combinato tra economia sommersa, informale e illegale, si può quantificare in 250-290 miliardi di euro l'anno. E' quanto emerso dalla ricerca "L'economia non osservata", a cura dall’Associazione Bruno Trentin in collaborazione con l’Istituto di ricerca Tecnè e il Centro Europa Ricerche (Cer), presentata oggi (10 marzo) in conferenza stampa a Roma (ascolta la presentazione su RadioArticolo1). Lo studio fornisce l'analisi della situazione e delinea una proposta: dal "Tax gap", la differenza tra imponibile della fiscalità nazionale e gettito effettivo, si possono recuperare 14 miliardi di euro con dispositivi di contrasto più efficaci. Queste risorse aggiuntive vanno destinate a due interventi: da una parte l'estensione del bonus a lavoratori dipendenti e pensionati incapienti (7,3 miliardi), dall'altra un ampliamento degli investimenti per aumentare l'occupazione (6,3 miliardi). Proposta che, nelle stime del Cer, porterebbe un aumento del Pil dell'1,2% in quattro anni, un calo dell'indebitamento di 4,5 miliardi e 144mila occupati in più (qui la sintesi della ricerca).

Per l'istituto della Cgil, ogni anno il valore economico non dichiarato si divide in questo modo: 160-185 miliardi di sommerso, 20-25 miliardi di economia informale (quella in cui beni e servizi sono legali, ma forniti da operatori non ufficiali e con processi produttivi e transazioni economiche non  contabilizzate, ndr) e 70-80 miliardi di economia illegale. Considerando il volume d'affari, il mancato gettito è 85-100 miliardi l'anno.

Lo studio mostra il "risparmio" nella spesa media di una famiglia di 4 persone che attinge al circuito non ufficiale per i bisogni principali (mangiare, vestire, abitare, curarsi e così via): sul circuito ufficiale spende 2.845 euro medi contro i 1.735 del circuito non ufficiale. Questo "risparmio" aumenta al Nord (40%), scende leggermente al Centro (39%) e al Sud (37%).

Nella loro opinione gli italiani sono consapevoli dell'evasione fiscale: per l'86% è un fenomeno molto diffuso, l'84% giudica inefficaci le azioni di contrasto messe in campo finora. Alla domanda sul contrasto all'evasione, il 72% chiede di intensificare controlli e sanzioni, il 59% di scaricare più spese dai redditi, il 48% di ridurre al minimo le transazioni in contanti. Ma - soprattutto - l'89% ritiene che più tutele a sostegno dei lavoratori, politiche attive del lavoro e azioni di contrasto possano combattere il lavoro irregolare in modo serio ed efficace.

"L'evasione è fatta da piccoli gesti quotidiani - ha detto il presidente di Tecnè, Carlo Buttaroni -, è un circuito che si autoalimenta a tutti i livelli. Pensiamo ai grandi evasori, ovviamente, ma anche alle attività professionali di ridotte dimensioni che esercitano piccoli metodi di evasione. In questo scenario si innestano poi altri fenomeni, come la corruzione che vale 65 miliardi l'anno e la ricaduta negativa sull'inquinamento ambientale".

"Sono dati di assoluta gravità, che ci dicono come l'evasione sia un comportamento diffuso nella struttura produttiva del paese". Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha commentato la ricerca (ascolta il podcast integrale). "C'è un pezzo consistente della nostra economia che evade, anche i piccoli imprenditori: per questo il governo non può ragionare per soglie sul falso in bilancio e la lotta all'evasione. E non si può riprodurre la logica dei condoni, seppure in altra forma. Se c'è un comportamento che viola la norma va sanzionato - a suo giudizio -, tranne in caso di ravvedimento operoso. Negli altri casi non può esserci esenzione, neanche per le piccole dimensioni: altrimenti il messaggio che passa è 'scorporate l'illegalità per piccole quote e non sarete perseguiti'".

Camusso si è quindi soffermata sul lavoro nero, che coinvolge un bacino fra 3 e 3,8 milioni di lavoratori. "Questo spiega la distonia tra occupazione e disoccupazione nei dati ufficiali, ci spiega dov'è finito il pezzo mancante. Bisogna cambiare passo, tenendo conto che la maggioranza dei lavoratori in nero interpellati ci risponde: 'Almeno così lavoro'. Ma il lavoro nero è estorsione nei confronti delle persone in stato di bisogno: occorre prevedere strumenti di sostegno, come gli ammortizzatori sociali universali, e risolvere il problema delle tipologie contrattuali". L'altro antidoto, ha aggiunto, "è creare lavoro legale: offrire un'occupazione buona e di qualità è il modo per combattere l'impiego irregolare". E poi ci sono i controlli: "Fondamentale renderli efficaci, per questo è contraddittorio depotenziare l'attività ispettiva, suona come un via libera dichiarato all'illegalità".