“A un mese dal crollo del ponte Morandi commentare i dati sull’occupazione del 2° trimestre del 2018 può apparire fuori luogo. Il 14 agosto ha segnato una sorta di spartiacque, per cui siamo ogni giorno a rincorrere gli eventi in uno stato di emergenza permanente. In questi casi si dice che nulla sarà più come prima, ma la lettura di quei numeri ci può essere di aiuto nelle scelte da fare oggi”. Inizia così la nota di Federico Vesigna, segretario generale della Cgil Liguria, e Marco De Silva, responsabile dell'Ufficio economico.

Dopo un primo trimestre con il segno più anche il secondo trimestre segna una ulteriore crescita dell’occupazione: 7.000 occupati in più sono un risultato importante che confermano e consolidano un’inversione di tendenza dopo due anni molto difficili. Non sono però tutte rose e fiori, perché a crescere è solo l’occupazione indipendente, mentre cala e in modo significativo l’occupazione dipendente (-10.000 occupati); inoltre anche le persone in cerca di occupazione aumentano di 8.000 unità riportando il tasso di disoccupazione sopra la soglia del 10 per cento (10,3%).

“Se si guarda il dato disaggregato per settore – spiegano i sindacalisti –, si scopre che l’industria manifatturiera ha finito la sua rincorsa e il settore delle costruzioni conosce una pesante battuta d’arresto”. Commercio e turismo crescono come comparti, ma calano di 4.000 unità i lavoratori dipendenti e ha ripreso forza la dinamica del lavoro autonomo. In altre parole una debole ripresa è in atto ma è molto fragile, tanto che stenta a tradursi in occupazione di qualità.

In questo contesto, quindi, “il crollo del ponte Morandi amplifica e ingigantisce tutti gli elementi di debolezza strutturale del nostro sistema produttivo. Questa immane tragedia ha lasciato in ognuno di noi un grande senso di vuoto. Neanche prima stavamo così bene come qualcuno voleva farci credere, ma se non reagiamo in fretta si corre il rischio di non rialzarsi più – aggiungono –. Siccome è nell’emergenza che dobbiamo dare il meglio di noi, abbiamo l’opportunità di ripensare tempi di vita e di lavoro della città, mettendo mano a un sistema della mobilità che era già al collasso. Ma prima di ogni altra cosa dobbiamo mettere in cantiere la demolizione e ricostruzione del ponte. Al governo l’onere della scelta, ma le soluzioni che verranno adottate devono dare certezze al sistema produttivo e ai cittadini. Certezze nei modi con cui verranno assegnati gli appalti e certezze nei tempi di realizzazione”.

La qualità della ripresa occupazionale nel secondo trimestre “ci dice che il nostro territorio resta poco appetibile sul piano della competitività. Fintanto che Genova e la Liguria resteranno tagliate in due, fintanto che la scelta sarà tra percorrere 102 chilometri in più di un’autostrada vecchia e piena di curve e attraversare una città sempre più congestionata dal traffico, qualunque sforzo è destinato a fallire. Perché il secondo trimestre non resti l’ultimo con il segno più, la ricostruzione ha bisogno di un quadro di regole certe che eviti ricorsi strategici e ogni possibile rallentamento. La temerarietà con cui il governo affronta l’emergenza Genova – concludono – non è rassicurante per il futuro di tutti noi liguri”.

LEGGI ANCHE Quale politica per le infrastrutture?
Ponte Morandi, sindacati chiedono incontro a Toninelli