Anna Del Bo Boffino era una giornalista e una scrittrice, nata a Milano nel 1925. Chi l’ha conosciuta la ricorda come una pioniera. Un’osservatrice acuta dell’universo femminile, di cui ha narrato risvolti e desideri, a partire dai cambiamenti che investirono la società italiana degli anni settanta. Alla sua figura, la Camera del Lavoro cittadina ha dedicato un concorso letterario denominato “L’eredità di Anna”.

L’iniziativa è stata creata sul finire del 2009, e si tiene con cadenza biennale. «La nostra intenzione era di raccogliere l’insegnamento di Anna, continuando ad indagare il tema della parità di genere.» spiega Franca Bozzetti, coordinatrice del premio. Non si tratta di un appuntamento commemorativo, dunque, ma di un’occasione per stimolare il dibattito sull’attualità, facendo luce sulle odierne forme di discriminazione. Quest’anno, si è scelto di dare al progetto un taglio giornalistico.

La Camera del Lavoro di Milano ha infatti collaborato con la scuola di giornalismo “Walter Tobagi”, aprendo il concorso ai suoi allievi. La giuria, composta da professioniste del settore e sindacaliste, ha premiato due elaborati. La cerimonia si è tenuta lo scorso 25 marzo, nella sede della CGIL di Corso di Porta Vittoria. Il primo classificato è un servizio dedicato alla “Medicina di genere e diritto alla salute: quando parità non significa uguaglianza”, di Vincenzo Scagliarini. Il secondo premio è andato a Gabriele Principato, autore dell’articolo “Non è un Paese per madri”.

Due uomini, per due temi con cui tante donne si confrontano. «È un buon segnale.» Commenta Bozzetti. «I partecipanti erano in tutto sedici, in maggioranza ragazze. Quando abbiamo valutato i lavori, non conoscevamo l’identità degli autori. Considero davvero positivo il fatto che le questioni di genere trovino un interesse trasversale tra le nuove generazioni.»

L’articolo di Principato analizza il problema dell’esclusione delle madri dal mercato del lavoro. Si tratta per lo più di giovani preparate, tra cui molte libere professioniste, le quali si ritrovano completamente escluse dalle tutele sulla maternità che garantivano le generazioni precedenti. Affrontare una gravidanza è una scelta che dipende dai livelli di precarietà lavorativa. I rischi sono sempre personali, mai collettivi, e la prospettiva più plausibile è di ritrovarsi isolate, con un figlio e un’occupazione ancora più instabile e intermittente di prima. L’articolo vincitore del primo pieno analizza una questione poco conosciuta. La medicina guarda quasi esclusivamente al maschile. In questo campo, gli studi sulle differenze di genere non sono molto diffusi. Fatta salva la sfera sessuale, si tende a trattare i corpi di uomini e donne allo stesso modo. Ma i farmaci non hanno i medesimi effetti su tutti, e i sintomi di alcune malattie possono manifestarsi in maniera diversa. Come nel caso dell’infarto. Le donne avvertono segnali specifici, che nella maggior parte dei casi vengono ignorati. Con risultati che possono diventare fatali.

Ivana Brunati, segretaria della Camera del Lavoro di Milano, esprime la sua soddisfazione per la ricchezza degli argomenti trattati dai partecipanti. «La decisione di dedicare la terza edizione de “L’eredità di Anna” a un premio giornalistico non è stata casuale. I media tendono a trattare le questioni di genere in modo superficiale, se non forviante. Soprattutto quando cercano di interpretare questioni di libera scelta che riguardano le donne, senza prima capirle. Viviamo tempi di arretramento culturale e civile, in cui alle nuove discriminazioni si aggiunge la spaventosa demolizione delle conquiste del passato. Poter contare su un’informazione non condizionata, aperta al nuovo e alle persone, mi pare importante. Attraverso questo premio abbiamo dato un nostro piccolo contributo. Per il futuro pensiamo di rivolgerci anche ad altre scuole di giornalismo presenti sul territorio. Magari, un domani, riusciremo a organizzare un’edizione nazionale.»

Ma chi era Anna Del Bo Boffino? Una giornalista e una scrittrice, si è detto, attivista durante la Resistenza, vicina al movimento operaio. Dagli anni settanta, fino ai primi anni novanta, si è occupata di donne. Attraverso le pagine de “L’Unità” e di alcune riviste femminili come “Amica”, ha sdoganato argomenti su cui si preferiva tacere. Anna scriveva di diritti civili, di identità femminile all’interno della coppia, nel rapporto con i figli. Parlava di aborto e divorzio. Lo faceva in un’epoca in cui le relazioni tradizionali tra i sessi erano fortemente messe in discussione. Tutto ciò era accompagnato da un senso di affrancamento e di gioia, ma anche da contraddizioni e cupezza. Il fondale era stato smosso, e l’acqua si faceva torbida. Lo sapevano bene le lettrici di “Amica”: casalinghe, impiegate, donne di tutte le età e le condizioni, ognuna con una storia da raccontare. Il loro punto di riferimento era una rubrica denominata “Da donna a donna”.

La teneva Anna, e con lei si confrontavano. Oltre all’attività giornalistica, ricordiamo il suo impegno in politica, nelle file del Partito Comunista, sempre in prima linea per i diritti delle donne. «Lei era una che viveva e si guardava attorno. Il suo era un pensiero progressista, che mirava a un orizzonte di libertà.» interviene di nuovo Franca Bozzetti. È stata una persona importante, per l’Italia e per la città in cui era nata. Pochi mesi fa il Comune di Milano le ha intitolato dei giardini pubblici, su proposta della CGIL. Un atto simbolico. Un segnale che, per quanto circoscritto, serve ad affermare il contributo di tante donne in favore dell’avanzamento civile del nostro Paese. L’eredità di Anna si rivolge oggi alle più giovani, affinché prendano in mano le loro vite e ricomincino a lottare per il proprio destino.