È una crisi strutturale, quella del sistema penitenziario del Lazio, con un sovraffollamento che, per quanto in calo rispetto alla situazione esplosiva di qualche anno fa, si attesta su numeri da emergenza rossa: al 30 settembre – ultimi dati del ministero della Giustizia –, i detenuti erano 5.722, a fronte di una capienza di 5.272. "Un tale sovraffollamento diventa ancora più intollerabile, perché s'inserisce in una situazione di grave carenza di personale, sotto organico e ulteriormente indebolito dall'assenza di agenti, distolti dai compiti di istituto e destinati, in alcuni casi impropriamente, a funzioni amministrative o comunque non legate alla vita in carcere. Su un organico previsto di oltre 4.000 agenti, la carenza è di quasi mille unità. Un fatto intollerabile, per due ragioni: perché diviene fisicamente difficile garantire una vita dignitosa, tanto ai detenuti quanto agli agenti, e perché l'assenza di troppi colleghi dagli istituti disincentiva il lavoro, sempre più faticoso, di chi non si è sottratto al proprio dovere", si legge in una nota della Fp Cgil di Roma e Lazio.

"Perde valore persino la vigilanza dinamica – che permette ai detenuti una circolazione libera dentro i reparti –, perché gli agenti si trovano a sorvegliare fino a 100 detenuti per volta, e le attività didattiche subiscono un forte ridimensionamento: non è difficile immaginare, dando un'occhiata alla cronaca nera degli ultimi mesi, quanto questa condizione influisca sulle vivibilità, e quindi alimenti tensioni sempre crescenti. Servono interventi urgenti, investimenti in personale, maggiore attenzione alle attività didattiche per i detenuti e all'assistenza psicologica per gli agenti, un progetto complessivo di miglioramento della vita in carcere. Ma è necessaria soprattutto un'azione di giustizia che riporti negli istituti tutto il personale distolto e destinato ad altre attività. Necessità di cui dovrebbero farsi carico tutte le istituzioni preposte", chiude il sindacato.