In tutto il mondo sono almeno 52 milioni le persone — in stragrande maggioranza donne — impiegate nel lavoro domestico: molte di queste, tuttavia, lavorano in condizioni difficili e con tutele ancora molto scarse. È quanto emerge dallo studio realizzato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) e dal titolo Lavoratori domestici nel mondo: statistiche globali e regionali, ed estensione della protezione sociale. Secondo Sandra Polaski, Direttore generale aggiunto dell’Ilo: “i lavoratori domestici hanno spesso un orario di lavoro più lungo degli altri lavoratori.

In diversi paesi, non godono dello stesso diritto al riposo settimanale. Oltre alla mancanza di diritti, l’estrema dipendenza dei lavoratori domestici nei confronti del datore di lavoro, insieme all’isolamento e alla mancanza di protezione che caratterizzano questa professione, sono tutti fattori che contribuiscono a rendere i lavoratori più vulnerabili allo sfruttamento e agli abusi”.

Il lavoro domestico rappresenta il 7,5 per cento dell’occupazione femminile dipendente nel mondo, con una percentuale molto più alta in alcune regioni come l’Asia e il Pacifico, l’America Latina e i Caraibi.
Ma le cifre, secondo l’Ilo, sono probabilmente sottostimate: tra la metà degli anni 90 e il 2010 nel mondo i lavoratori domestici sono infatti aumentati di oltre 19 milioni – di cui molti sono migranti –, mentre 
i numeri ufficiali non tengono conto del lavoro domestico dei minori al di sotto dei 15 anni, dato non incluso nei rilevamenti utilizzati per il rapporto e che nel 2008, secondo le stime dell’Ilo, si aggirava intorno ai 7,4 milioni.



I dati contenuti nel rapporto sono allarmanti: il 29,9 per cento dei lavoratori domestici (l’83 per cento donne) sono esclusi dalla legislazione nazionale del lavoro, il 45 per cento non ha diritto al riposo settimanale o al congedo annuale pagato e oltre un terzo delle donne lavoratrici domestiche non hanno protezione della maternità

Non solo: lo status giuridico precario dei lavoratori domestici migranti e la scarsa conoscenza della lingua e della legislazione li rende particolarmente vulnerabili ad abusi quali la violenza fisica e sessuale, gli abusi psicologici, il non pagamento dello stipendio, la servitù per debito e condizioni di vita e di lavoro inadeguate. “Le grandi differenze di stipendio e di condizioni lavorative tra lavoratori domestici e altre professioni nello stesso paese, evidenziano la necessità che governi, datori di lavoro e lavoratori si adoperino a livello nazionale per migliorare la vita lavorativa di queste persone “, conclude Polaski.