È arrivato il  momento di costruire un grande "patto di filiera" per rilanciare il settore del latte e della zootecnia. Lo ha affermato il segretario nazionale della Flai Cgil, Sara Palazzoli, nella relazione introduttiva che ha presentato l'indagine "Il latte italiano: produzione e zootecnia", a cura dell'Ires Cgil Emilia Romagna. L'evento si è svolto oggi a Cremona su iniziativa proprio della Flai (qui la sintesi della ricerca).

Bisogna superare le criticità che da anni affliggono il comparto, ha spiegato la sindacalista. Per questo occorre "un patto di filiera costruito e coordinato dal ministero delle Politiche agricole e forestali, per costruire il nuovo modello per il latte italiano, più competitivo e di maggiore qualità. E’ una scelta che non possiamo più rinviare per creare un sistema efficiente e produttivo che guardi avanti, in grado di tutelare il lavoro dipendente e rilanciare la filiera del latte".

L'idea di un patto condiviso, dunque, è "l’unica strada che produzione, trasformazione e lavoro possono intraprendere se davvero è comune l’obiettivo di ridare lustro e competitività al settore. Una sfida ambiziosa che lanciamo in questa occasione, partendo dai dati di una ricerca che ci ha presentato criticità ma anche opportunità del settore del latte e della zootecnia".

Nel corso della giornata ha coordinato i lavori Mauro Macchiesi, segretario nazionale Flai Cgil. Dopo la relazione di Palazzoli è intervenuta Daniela Freddi, ricercatrice Ires Emilia Romagna, presentando la ricerca. Tra gli altri interventi: Ettore Prandini, vice presidente nazionale Coldiretti; Roberto Madde', direttore Associazione italiana allevatori; Giovanni Fava, assessore Agricoltura Regione Lombardia; Antonio Auricchio, consigliere delegato Cremona - Assolatte ; Angelo Zucchi capo segreteria del ministro-Mipaaf.

A concludere è stato il segretario generale della Flai, Ivana Galli. La sindacalista ha sottolineato la necessità per tutto il settore di essere più competitivi nel "garantire servizi e qualità, investendo in formazione, ricerca e innovazione con la cosiddetta zootecnia di precisione, valorizzando il made in Italy e la qualità dei nostri prodotti conosciuti e apprezzati in tutto il mondo". 

Le prospettive, a suo avviso, vanno rivenute "nella programmazione, nell’associazionismo, nel creare accordi di filiera e in una più ampia dimensione aziendale attraverso percorsi di aggregazione che facciano superare la frammentarietà della zootecnia italiana. Tutto questo però non sembra compatibile con la chiusura delle Apa e Ara territoriali, con un processo di accentramento che non tiene nella giusta considerazione la grande diversificazione che caratterizza la zootecnia italiana, rispetto alla quale risulta fondamentale l’azione che le associazioni svolgono a livello territoriale, supportando ogni settore dell'allevamento e sviluppando un’ampia gamma di attività di assistenza alle aziende".

Inoltre, conclude Galli, "vogliamo trovare modalità di sviluppo che valorizzino il settore, rilancino il sistema allevatori e tutelino il lavoro. Infine, sempre in materia di programmazione voglio sottolineare la necessità di tenere conto che la zootecnia e lo sviluppo rurale rappresentano un volano per la valorizzazione delle aree interne".

LEGGI ANCHE La sintesi della ricerca