In piazza Anco Marzio ad Ostia si è accesa una luce. Perché la democrazia muore nell’oscurità, che piace invece alle mafie. Mentre l’informazione libera è lo strumento più forte per mantenere accesa questa luce. Lo hanno capito i giovani di questo enorme quartiere di Roma che si affaccia sul mare, che in quella piazza, piena di giornalisti sotto scorta, ma anche di tanti cittadini, associazioni e sindacati, cantano “no alla mafia e no al fascismo” e gridano soprattutto che loro paura non ne hanno.

La sensazione è proprio questa: una piazza che sconfigge la paura, migliaia di teste molto più forti di una testata. Lo si percepisce chiaramente dalle parole dei cronisti colpiti o minacciati, come Daniele Piervincenzi, con il suo naso fasciato sopra a un grande sorriso: “Sono felice di essere tornato ad Ostia e di incontrare voi”.

Ma non c'è solo lui. Sono tante le “penne scomode” che salgono sul palco allestito da Fnsi e Libera. Da Paolo Borrometi a Sandro Ruotolo, insieme a cronisti dalla Calabria e dalla Campania, tutti con la penna in una mano e la Costituzione nell'altra. Tra di loro c'è anche Federica Angeli, altra vittima degli Spada, minacciata ripetutamente insieme alla sua famiglia: “L’ho promesso ai miei figli e una mamma mantiene sempre le promesse - dice con emozione dal palco - la mia penna continuerà a scrivere per Ostia, perché oggi non sono più sola, dietro di me c'è un noi”.

La cronaca: in piazza per la legalità e i diritti

Quel noi è nella piazza. Dove c'è Ostia, quella vera, quella che non vuole i clan né i fascisti, che applaude con forza quando la neo presidente dell'Anpi Carla Nespolo porta il saluto dei partigiani e chiama tutti a una nuova Resistenza. Una piazza in cui ci sono anche pezzi importanti delle istituzioni (la sindaca Raggi, il presidente della regione Zingaretti e la presidente della Camera Laura Boldrini), accanto al sindacato (Cgil, Cisl e Uil #SempreControLeMafie, recita lo striscione) e a Libera, che con il suo presidente don Luigi Ciotti chiude la manifestazione lanciando un appello alla Politica e alle coscienze.

In una paese dove 2,3 milioni di giovani non studiano e non lavorano e dove 4,6 milioni di persone sono in povertà assoluta – afferma don Ciotti - la lotta a mafie e corruzione non può che partire dalla lotta alla povertà. Per questo vorrei che ci si occupasse di meno delle sofferenze bancarie e di più delle sofferenze umane. Saranno i giovani e i deboli a fornirci le coordinate per risollevare il paese”.