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La globalizzazione del mondo del lavoro, negli ultimi anni, ha prodotto una frammentazione che non è solo divisione di individui, ma che ha anche prodotto diseguaglianza. Perché è una globalizzazione costruita sulla ricchezza di pochi e sulla crescita dei poteri finanziari. Quindi quando parliamo di immigrazione non si può ragionare in termini emergenziali, perché lo sfruttamento dei lavoratori migranti è il prodotto di grandi disparità”. Lo ha detto il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, intervenendo oggi (20 luglio) alla presentazione dell’ottavo Rapporto della Fondazione Di Vittorio “(Im)migrazione e sindacato. Nuove sfide, universalità dei diritti e libera circolazione”, curato da Emanuele Galossi, partecipando alla successiva tavola rotonda “No alla paura. Accoglienza, inclusione, pace e diritti universali per una convivenza civile e democratica.” Entrambi gli eventi sono stai trasmessi da RadioArticolo1.
“Non è però la prima volta che ci troviamo a dover governare grandi flussi migratori - ha continuato Camusso -, la storia degli uomini è una storia piena di migrazioni. Il problema è capirne le ragioni e affrontarle nel contesto in cui si vive. E il contesto europeo è ancora sotto shock dopo otto anni di crisi. È questa la dimensione nella quale si generano certe reazioni, sfruttate da un fronte politico che le utilizza per costruirsi una credibilità che aveva molto meno e che ha man mano riacquistato. Queste forze, in sostanza, speculano sulla povertà”.
La frammentazione sociale, secondo il segretario della Cgil è quindi il tema fondamentale anche per dare una spiegazione alla migrazione dei giovani italiani verso altri paesi. Eppure, per quanto riguarda gli ingressi, “non siamo in emergenza e i numeri lo dicono chiaramente”, sebbene la “comunicazione la politica dica l'opposto e racconti un'altra storia”. L'isolamento del nostro paese rispetto al tema dell'accoglienza è sotto gli occhi di tutti e, continua Camusso, “oltre a essere orgogliosi, bisogna essere molto determinati nel dire che non può funzionare un'Europa che su questo problema si divide ancora”.
“Dovremmo poi provare a ricostruire un senso del lavoro”, dice ancora il leader di corso d'Italia e “contrastare il dumping tra lavoratori, frutto della finanziarizzazione dell'economia, del profitto a breve termine e del lavoro inteso come merce”. Oltre a questo bisogna “ostacolare con forza delle leggi che hanno reso in questo paese alcune persone illegali”. Queste due battaglie sono strettamente connesse nell'azione politica della Cgil: “Abbiamo un grande lavoro culturale da fare, puntando su delle buone pratiche che devono diventare vertenze. Dobbiamo essere narratori di un'altra storia. Dobbiamo raccontare dei figli dei migranti che sono a scuola, dei ragazzi di seconda generazione che stanno nei luoghi di lavoro insieme a noi, dei ragazzi che stanno nelle università. Cioè parlare di gente che mediamente parla l'italiano meglio di tanti politici. Bisogna che raccontiamo questa realtà, perché una rottura tra il nostro paese e le seconde generazioni diventerà a lungo termine un elemento di instabilità”.
“Quando una parte del mondo è invisibile - ha concluso Camusso - si generano infatti le condizioni di una disgregazione che produce una guerra di tutti contro tutti. Il nostro obiettivo è invece aprire un confronto con i lavoratori su una politica di integrazione, di accoglienza, di solidarietà esercitata quotidianamente. È una politica che non solo dà una risposta a chi vuole essere accolto nel nostro paese, ma dà anche una risposta a chi nel nostro paese vive già, perché determina condizioni migliori”.