Negli ultimi giorni sono state concluse unitariamente due importanti trattative nel settore del credito. Intesa Sanpaolo e Unicredit, le principali banche del paese, hanno sottoscritto – insieme alle delegazioni sindacali trattanti – accordi importanti nell’ambito del secondo livello di contrattazione. Nelle prossime settimane gli accordi saranno portati al vaglio delle assemblee – saranno quasi 100 mila i lavoratori interessati – previste su tutto il territorio nazionale.

Con le intese sottoscritte, le parti hanno saputo cogliere l’occasione per affrontare temi di primaria importanza per i lavoratori della categoria, a dimostrazione di quanto le buone relazioni sindacali tessute negli anni possano incidere positivamente. Attenzione ai costi – in un contesto in cui i ricavi stentano a crescere –, e non solo a quelli del personale, nella consapevolezza che il 2015 per le banche italiane potrebbe essere l’anno dell’inversione di tendenza. Ma anche più welfare aziendale, per pagare gli incrementi di produttività che nel settore ci sono stati anche negli ultimi anni. E ancora: dare di più a chi ha avuto di meno, a cominciare dai più giovani e dai redditi più bassi. Strada già percorsa con il rinnovo del ccnl, e ripresa nell’accordo di Intesa Sanpaolo, mediante l’incremento del salario d’inserimento, passato dal meno 18 al meno 10 per cento rispetto al tabellare contrattuale.

Nel settore che più di ogni altro è stato al centro della bufera economica (come artefice e vittima al tempo stesso) si è dunque avviata – già a partire dalla trattativa per rinnovare il contratto nazionale – una profonda riflessione tra le parti. In questo contesto, alla fine del mese di settembre, la Fisac aveva tracciato in occasione del Forum di Assisi le linee di condotta mediante le quali le relazioni industriali si sarebbero dovute svolgere. In quell’occasione, sindacato e manager delle banche si erano confrontati sulle possibili prospettive per gli istituti di credito e per i lavoratori, nell’ambito di una discussione in cui non erano mancati i riferimenti alla nostra economia, al Sud, alla legalità, all’evasione e all’uso del contante (il governo ha fin qui deciso di intraprendere una strada completamente opposta).

Gli accordi raggiunti, il rinnovo del ccnl del credito, il Forum di Assisi e ancora le iniziative promosse nei mesi scorsi sul tema della contrattazione di secondo livello, vanno tutti nella stessa direzione. Sono parte di un unico progetto politico: far vivere la contrattazione a tutti i livelli. Per fare questo abbiamo però bisogno di un sindacato all’altezza e di controparti altrettanto interessate a una soluzione congiunta dei problemi. Oggi possiamo affermare, senza timore di smentita, che la contrattazione tanto mal digerita da alcuni esponenti della politica nostrana ha determinato un passo in avanti per favorire imprese e lavoratori. A dimostrazione che l’interesse comune può essere declinato attraverso intese capaci di favorire entrambe le parti in causa.

Dovremo usare lo stesso metodo di contrasto ragionato e pro attività avuto fin qui anche per affrontare la riforma delle banche popolari, che inciderà nel settore nei prossimi mesi. Come tutti i processi di ristrutturazione, comporterà nelle fasi iniziali maggiori oneri, mentre i benefici potranno essere apprezzabili solo più avanti. La Fisac ha assunto una posizione di contrarietà rispetto ai modi con cui la trasformazione è stata imposta, oltre che al merito. Le ragioni principali sono rintracciabili nelle possibili ripercussioni occupazionali che il decreto potrebbe determinare.

Non solo. Per il settore del credito manca in generale una cabina di regia a livello politico, e i costi di tale assenza li stanno pagando i lavoratori e i cittadini italiani, costretti a fare i conti con banche incapaci di fare il proprio mestiere. La scarsa eticità di alcuni manager del settore, ancora sotto i riflettori negli ultimi giorni, non aiuta: su questo, più che su altro, si dovrebbe intervenire. È sbagliato fare di tutta l’erba un fascio, ma sarebbe altrettanto sbagliato far finta di niente. La Fisac continuerà nel suo lavoro a tutto campo: di categoria, facendo accordi per favorire i lavoratori e le lavoratrici, e confederale, continuando la battaglia culturale avviata nel 2011 con il Manifesto per la buona finanza. Chiediamo innovazione e cambiamento per creare occupazione di qualità contro i conservatori che vedono nel lavoro solo un costo da comprimere.

* Fisac nazionale