La tragedia del Rana Plaza di Dacca - dove, nell'aprile del 2013, nel crollo di un palazzo di sei piani, sono morte più di 1100 persone, la maggior parte giovani lavoratrici in laboratori del tessile e abbigliamento, ultimo anello della catena della subfornitura per i grandi marchi fashion internazionali – è stata anche quest'anno al centro dei dibattiti dell’incontro dei Punti di Contatto Nazionali sulle linee Guida Ocse e del secondo Global Forum sulla “Condotta responsabile d'impresa” (Parigi, 24 – 27 giugno).

A partire dalla revisione delle Linee Guida del 2011, i governi dei paesi aderenti all’OCSE e quelli che aderiscono all’applicazione delle Linee Guida sulle Multinazionali (45 in tutto), hanno cambiato “linguaggio”, superando la generica dizione di Responsabilità Sociale di Impresa a favore di quella di “condotta responsabile d'impresa” (Responsible Business Conduct, RBC nell'acronimo inglese), confermando le Linee Guida come uno strumento normativo vincolante per i governi aderenti, che hanno l’obbligo di promuoverlo e affrontare i casi di violazione da parte delle imprese, proprio attraverso i Punti di Contatto Nazionali.

Nate nel 1976 , quando anche l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) discuteva e approvava la sua Dichiarazione Tripartita sulle Imprese Multinazionali e le Politiche Sociali, le Linee Guida dell’OCSE volevano rispondere all’ondata di indignazione contro il coinvolgimento di importanti multinazionali in colpi di stato e rovesciamenti di governi democratici e creare un ambiente globale favorevole agli investimenti esteri in un ambito di leale competizione tra le multinazionali stesse, allora più legate alle rispettive basi nazionali.

Dopo una prima revisione nel 2000, l’aggiornamento del 2011 ha intrecciato le Linee Guida con il processo delle Nazioni Unite e la deliberazione da parte del Comitato Onu sui Diritti Umani dei “Principi Guida Onu su Imprese e Diritti Umani”, portando all’introduzione di un capitolo sul rispetto dei diritti umani e alla procedura, da parte delle imprese, di due diligence per verificare l’impatto delle loro attività, anche nella catena della subfornitura, con l’impegno di “prevenire, mitigare o rimediare” ai possibili impatti negativi causati - direttamente o per concorso - dalle loro attività.

Dopo la strage del Rana Plaza, si sono messe in moto diverse iniziative. In particolare, le Global Unions IndustriAll e UNI, con il sostegno di ONG e della Clean Clothes Campaign, sono riuscite a portare un numero importante – ad oggi oltre 180 - di grandi marchi produttori e distributori alla firma dell'Accord on Fire and Building Safety in Bangladesh, al quale si sono sottratte le imprese nordamericane.

Il Tuac (il comitato consultivo sindacale presso l’OCSE) e i sindacati hanno immediatamente richiamato all’applicazione delle Linee Guida e sono stati altrettanto chiari sul fatto che vanno evitate “manovre diversive”, cioè la messa in campo di iniziative generiche o “multistakeholder” che diano spazio alle imprese – che non a caso spingono in questa direzione – per sfuggire alla loro diretta responsabilità, chiaramente definita nell’adesione all’Accord on Fire and Building Safety: esso è vincolante per i sottoscrittori, con chiare e definite procedure di attuazione, di monitoraggio e di controversia nei casi di violazione, con precisi riferimenti alle necessarie misure prese dal governo del Bangladesh in termini di revisione del Codice del lavoro e di sistema di ispezioni sul lavoro.

Diversi Punti di Contatto Nazionali – primo quello francese – hanno dunque intrapreso, nell'anno che intercorre tra la precedente riunione annuale del 2013 e quella dei giorni scorsi, attività di informazione, promozione e monitoraggio della presenza di aziende dei loro paesi nella catena dell'approvvigionamento del tessile-abbigliamento, a partire dal Bangladesh, ma non solo.

Di questo lavoro hanno dato conto nel corso della riunione dei PCN, nel corso della seconda edizione del Global Forum sulla Condotta Responsabile d'Impresa e nel corso della consultazione con le parti sociali (TUAC e BIAC, che rappresenta gli imprenditori) e la società civile (OECD Watch).

Nel corso delle riunioni – e nella stessa dichiarazione finale della riunione informale dei ministri dei paesi OCSE (vedi la traduzione allegata) – è stato dato rilievo al “Rapporto sulla condotta responsabile di impresa nella catena di fornitura del settore tessile-abbigliamento. Raccomandazioni del PCN italiano sull'implementazione delle Linee Guida Ocse per le imprese multinazionali” presentato dal PCN italiano.

Si tratta del frutto di un processo di coinvolgimento delle imprese e delle parti sociali italiane, con una serie di raccomandazioni finali (per noi ampiamente condivisibili) soprattutto in materia di due diligence sulla catena della fornitura (vedi testo allegato).

Come noto, la maggior parte delle imprese italiane – ultima, nei giorni scorsi, Coin-OVS – hanno aderito all' Accord on Fire and Building Safety in Bangladesh, mentre non hanno sinora voluto partecipare al Trust Fund – promosso dallo stesso accordo e garantito dall'OIL – per la compensazione delle vittime. L'argomento è stato sollevato da TUAC e OECD Watch sia nel corso di un incontro informale, che durante la consultazione con i PCN e nel Global Forum.

Ad oggi, dei 40 milioni di dollari Usa stimati necessari per il risarcimento delle famiglie delle vittime e dei circa duemila feriti, aziende implicate e altri donatori diversi hanno versato 17 milioni di dollari. Molte aziende, tra cui l'italiana Benetton, hanno dichiarato di preferire canali diversi di compensazione, ad esempio attraverso ONG locali.

E' quindi molto importante che sette ministri (tra cui la ministra italiana Guidi, insieme ai ministri di Francia,Germania, Regno Unito, Olanda, Danimarca e Spagna) abbiano rilasciato una dichiarazione congiunta raccomandando alle aziende di versare “generosamente” al Trust Fund (vedi dichiarazione allegata, in inglese). Durante la consultazione con i PCN, il TUAC ha presentato un documento sulla situazione di grave sistematica violazione dei diritti umani e sindacali in Qatar, che ovviamente coinvolge anche molte imprese dei paesi OCSE, chiedendo ai PCN un ruolo attivo nel promuovere l'applicazione delle Linee Guida anche in questo paese.