Il 29 aprile del 2013, mentre la Basilicata è nel pieno della tempesta di un ennesimo scandalo politico (“Rimborsopoli”, con il presidente Vito De Filippo appena dimessosi), Cgil, Cisl e Uil regionali definiscono unitariamente il Piano del lavoro. Un documento non solo politico, ma anche programmatico: proposte concrete per perseguire gli obiettivi del lavoro, della crescita e della coesione sociale.

Un avvio fattivo anche del Piano del lavoro della Cgil nazionale e, soprattutto, un punto di partenza per tenere assieme le tante iniziative, vertenze e mobilitazioni in atto, individuando metodologie, strumenti e settori di intervento per una nuova stagione di programmazione negoziata.

Il Piano del lavoro della Basilicata nasce all’interno di un percorso di discussione ed elaborazione molto partecipato, partendo dalle diverse vertenze allora in atto, che vede la definizione di una piattaforma comune, approvata poi in una riunione unitaria (non succedeva da 10 anni) degli esecutivi di Cgil, Cisl e Uil.

Nei giorni successivi, la piattaforma è al centro della festa del Primo maggio, tenutasi a Corleto Perticara, il “secondo” epicentro petrolifero della Basilicata, dove la Total ha in corso un investimento di un miliardo di euro per la realizzazione di Tempa Rossa, altro centro di estrazione del greggio, oltre a quello già attivo in Val d’Agri.

A partire dal 29 maggio, parte il percorso assembleare sul territorio: un fittissimo calendario di attivi, incontri, assemblee che illustrano e discutono il piano. All’interno del percorso di condivisione, nel mese di luglio, Cgil, Cisl e Uil incontrano le associazioni datoriali e i partiti politici.

Ma qual è lo spirito del Piano del lavoro della Basilicata? Concentrare le risorse, nazionali, comunitarie e derivanti dalle royalties petrolifere, su poche scelte di politica economica che mirino all’immediata creazione di posti di lavoro – anziché disperdere “a pioggia”, come fatto finora –, a partire dall’istituzione di un reddito minimo di inserimento e tramite un nuovo utilizzo delle risorse spese in incentivi alle imprese per convogliarle verso contratti di sviluppo locali volti a qualificare gli indotti nei settori strategici.

Il Piano del lavoro indica una rotta per affrontare le emergenze in corso, ma anche una prospettiva di sviluppo per i successivi anni, guardando al nuovo ciclo delle risorse comunitarie 2014-2020. In esso si indicano delle direttive: concentrazione delle risorse su interventi mirati, più programmazione plurifondo; semplificazione degli strumenti di intervento per una “programmazione” dal basso (contratti di sviluppo a valenza regionale, accordi quadro di programma, bandi mirati, tavoli di concertazione su singoli progetti); individuazione delle priorità (in termini di settore e aree); processi di partecipazione che valorizzino l’apporto delle organizzazioni sociali e delle comunità locali.

Dopodiché, si declinano dei veri e propri progetti operativi, per ciascuno degli ambiti prioritari individuati (tramite schede elaborate con le principali categorie e che entrano nel dettaglio, intervento per intervento, opera per opera, settore per settore, territorio per territorio), dedicati:

• al settore delle infrastrutture, per rompere l’isolamento lucano;

• all’agroindustria, alla filiera dell’automotive a basso impatto ambientale, al distretto dei nuovi materiali, alla produzione di energie rinnovabili, al rilancio del mobile imbottito;

• alla formazione scolastica, universitaria e alla ricerca per aggredire il nodo dello scarso tasso di innovazione e valore aggiunto delle imprese, della forza lavoro e delle comunità locali;

• alla tutela e valorizzazione del territorio e dell’ambiente con interventi contro il dissesto idrogeologico e per politiche di mitigazione del rischio sismico (a partire dal Pollino), per l’accelerazione dei programmi di bonifica dei Sin (Tito e Val Basento), per l’accelerazione delle piccole opere cantierabili e con un rilancio e una valorizzazione, in chiave nuova e moderna, delle politiche agroforestali;

• al rafforzamento della filiera turistica per giovani e studenti, in particolare concentrando gli interventi sui grandi attrattori, quali la città dei Sassi, il sistema dei parchi nazionali e regionali e delle due coste;

• all’introduzione e sperimentazione di Garanzia Giovani, o alla sperimentazione di un reddito finalizzato all’inserimento e/o reinserimento. Un “patto contro l’esclusione”, da finanziare anche modificando la legge nazionale sul bonus carburante, per liberare risorse da riutilizzare in programmi di sostegno sociale. I 35 milioni oggi destinati annualmente alla card benzina (un buono di 140 euro di sconto per ogni patentato lucano) potrebbero infatti finanziare, insieme ad altre risorse (Progetto Copes contro l’esclusione, parte delle risorse per ammortizzatori in deroga ecc.), interventi a favore di almeno 15 mila nuclei familiari deboli, attivando consumi e interventi sociali per un valore aggiunto pari a tre volte quanto investito;

• a una riattivazione mirata e selettiva di spesa pubblica nel sociale, alimentando il lavoro che si può creare nell’assistenza territoriale e domiciliare, nella creazione di case della salute diffuse e in nuovi asili nido.

La leva per fare tutto ciò deve essere una rinnovata cultura del pubblico e del ruolo della Regione e delle diverse agenzie, intese come agenti di intervento diretto, chiamando a responsabilità e compartecipazione anche il privato, a partire dalle grandi aziende presenti nella regione e per troppo tempo “monadi” rispetto a possibili indotti locali di qualità: dall’Eni e dalla Total alle imprese agroindustriali (Barilla, Ferrero, Coca Cola, Norda ecc.), dalla Fiat alle grandi cooperative di servizio, dall’Anas alle Ferrovie dello Stato, fino alla Telecom.

Vengono individuate e illustrate nel dettaglio anche le risorse per realizzare il piano, tra il nuovo ciclo di risorse comunitarie, la riprogrammazione delle vecchie risorse residue, i trasferimenti dallo Stato per le opere strategiche, il Piano di azione e coesione degli anni passati, le ordinarie dotazioni per politiche industriali e di sviluppo locale, le risorse ex Fas, i soldi precedentemente utilizzati per la carta carburante (data indistintamente a tutti i patentati con residenza in Basilicata), il Fondo speciale (da costituire) in applicazione del “memorandum petrolio”.

A oggi, il pezzo più importante su cui siamo ancora impegnati, è quello del reddito minimo di inserimento. Il relativo accordo politico è stato siglato il 2 dicembre scorso. Si tratta ora di passare all’attuazione. Le risorse, ipotizzate in circa 40 milioni di euro, sono quelle prima utilizzate per il bonus benzina di cui sopra.

Già con una legge regionale, è stato creato un apposito fondo in cui confluiranno le risorse, che serviranno ora a venire incontro alle esigenze di una platea molto vasta. In Basilicata ci sono circa 30 mila famiglie che vivono in stato di povertà. A queste, si aggiungono circa 3 mila lavoratori “lasciati a piedi” dal decreto interministeriale che ha definito i nuovi criteri per gli ammortizzatori in deroga, sostanzialmente ponendovi fine.

Si tratta di lavoratori che difficilmente potranno essere ricollocati, soprattutto in un contesto “impoverito” come quello lucano, se non con azioni mirate. È stata dunque fatta la scelta politica di creare una corsia preferenziale per queste persone, per non abbandonarle al proprio destino, “tirandole” all’interno della più vasta platea di potenziali beneficiari della misura.

La legge per il reddito minimo prevede un sostegno economico erogato a fronte dell’impegno del lavoratore di aderire a un programma che stabilisce lo svolgimento di attività di pubblica utilità che verranno individuate con progetti realizzati ad hoc dai Comuni.

Ma, soprattutto, prevede che una parte delle risorse venga poi utilizzata per il periodo successivo all’impegno inIziale, ovvero per il reinserimento nel mondo del lavoro: tramite bandi per l’autoimpiego, contributi alle imprese private che assumano questi lavoratori e alle cooperative sociali già operanti presso gli enti locali (a fronte di un’estensione dei servizi).

Si tratta di una scommessa grande e importante, nella quale la Cgil di Basilicata ha fortemente creduto e che ancora oggi ci vede impegnati in un percorso non semplice per portare a termine la misura (abbiamo di recente annunciato una mobilitazione se la Regione non dovesse rispettare gli impegni presi). Per noi è solo l’inizio.

Segretario generale Cgil Basilicata