Con una lettera del segretario generale, Susanna Camusso, al presidente del Consiglio Renzi a al sottosegretario De Vincenti, la Cgil ritira la propria delegazione al Cnel. "Il governo - spiega - in violazione di precisi obblighi di legge, ha illegittimamente interrotto il funzionamento del Cnel, organo di rilievo costituzionale, prima della conclusione dell’iter di riforma che prevede la cancellazione dell’art. 99 della Costituzione". E' quanto si legge nella stessa missiva diffusa oggi (27 luglio).

Da parte sua, la Cgil "ha richiesto, inascoltata, un supplemento di discussione su come superare il Cnel garantendo alle categorie produttive un canale istituzionale di rapporto con lo Stato, in linea con l’art. 2 della Costituzione che individua nelle formazioni sociali la sede in cui ciascun cittadino può arricchire la propria personalità, e assicurando il rispetto dei Trattati dell’Unione Europea in materia di dialogo sociale".

"La superficialità istituzionale dell’esecutivo ha così prodotto due effetti paradossali: la paralisi del Consiglio e, contemporaneamente, il mantenimento a carico del bilancio pubblico di una spesa annua di circa 9 milioni di euro, destinata ad attività di mera auto-amministrazione. Come suggerito nella nota inviata da Cgil, Cisl e Uil alla presidenza del Consiglio il 23 dicembre 2014 sarebbe stato, invece, necessario un intervento diretto a ridurre all’essenziale le funzioni da affidare ancora al Cnel (quelle di sostegno al dialogo sociale) e a trasferire immediatamente le altre, con Il relativo personale alle pubbliche amministrazioni competenti per materia. In questo modo - si legge ancora - si sarebbero anticipati i risparmi previsti a regime, con la conclusione dell’iter di riforma costituzionale, e create le condizioni per prefigurare un apposito Organismo, estremamente agile e funzionale, di promozione del dialogo sociale".

La lettera dunque prosegue: "La soppressione dell’art. 99 della Costituzione non libera, infatti, l’Italia dall’obbligo di indicare un percorso istituzionale per garantire il “dialogo sociale” ripetutamente richiamato dal Titolo X del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (articoli 151 e seguenti) e in fase di pieno rilancio da parte dell’attuale presidenza della Commissione europea, come impegno non solo delle istituzioni europee, ma anche dei singoli stati membri. Tale obbligo non appare, del resto, sfuggito neanche in sede di revisione costituzionale: il nuovo testo dell’art. 71 della Costituzione, infatti, al comma 4 recita così: “Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e di indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali"'.

"Ci sarebbe stato perciò modo di individuare una transizione tra l’assetto costituzionale vigente e quello nuovo rispettosa dei Trattati europei e molto meno onerosa per il contribuente, costretto invece, per responsabilità del Governo, a sobbarcarsi per molto tempo ancora un onere inutile. Il Governo ha, infatti, scelto di mantenere fittiziamente in vita il Cnel senza rivederne le competenze, ma impedendone il funzionamento facendo si che, a questo punto, l’Italia sia l’unico paese dell’Unione europea a non disporre di alcun percorso istituzionale che consenta di realizzare il dialogo sociale previsto dai Trattati europei".

Susanna Camusso osserva: "La proroga di tale situazione, per almeno un altro anno, che si configura come un commissariamento affidato agli attuali vertici del Cnel (presidente e segretario generale) che non riscuotono la fiducia delle forze sociali, è politicamente inaccettabile e giuridicamente illegittima. Per tali motivi la Cgil, d’intesa con i suoi consiglieri presenti nell’Assemblea del Cnel, ritira la propria delegazione a far tempo dal 28 luglio 2015. La Cgil si riserva di assumere ogni iniziativa utile per il rispetto delle Leggi della Repubblica e dei Trattati europei", conclude.