Formazione dei lavoratori, tutela di disabili e di coloro che prestano lavoro accessorio, presenza delle parti sociali nel sistema della prevenzione, mantenimento del Registro infortuni. Sono queste le principali questioni affrontate nella nota (vedi allegato) dell’Ufficio Salute e sicurezza della Cgil nazionale presentata martedì 30 giugno (insieme a quelle redatte dagli altri uffici Cgil confederali) nel corso dell’audizione in Commissione Lavoro alla Camera, relativamente ai provvedimenti attuativi del Jobs Act (legge 183/2014), approvati dal Consiglio dei ministri dell’11 giugno scorso.

“Pur apprezzando alcuni passaggi dei decreti legislativi attuativi del Jobs Act, come la soppressione della visita medica preassuntiva, abbiamo inteso provare a modificare quelle parti della norma che non ci sembrano rispondenti allo spirito e alla lettera del decreto legislativo 81/2008” spiega Sebastiano Calleri, responsabile dell’Ufficio Salute e sicurezza della Cgil nazionale. “L’abbiamo fatto – aggiunge il sindacalista – nell’ambito delle proposte di modifica che tutta la Cgil ha elaborato sul provvedimento nel suo complesso. È nostra speranza che nelle sedi parlamentari gran parte degli emendamenti, soprattutto quelli ispirati a elementare buon senso, come ad esempio quelli relativi al Comitato nazionale per le attività di vigilanza, possano essere accolti”.

Il primo aspetto riguarda la disciplina dei contratti e la revisione della normativa in tema di mansioni, meglio conosciuta come “demansionamento”. Sebbene il provvedimento sia già stato approvato in via definitiva, la Cgil “ritiene importante ribadire – si legge nella nota – il giudizio negativo sulla norme relative alle mansioni nel loro complesso, come espresso in più sedi dalla nostra organizzazione”. Il decreto del governo elimina l’obbligatorietà della formazione specifica nei casi in cui il lavoratore cambi mansione: un lavoratore, in sostanza, potrà essere adibito a mansioni che non conosce o destinato a una macchina di cui non è esperto. La Cgil sottolinea la necessità di modificare la misura, reintroducendo l’obbligo della formazione alla mansione specifica: “la ragione della proposta – spiega la nota – è l’evidente rilievo prevenzionistico e di salvaguardia dell’incolumità personale degli addetti che la norma riveste”.

Il secondo aspetto concerne lo schema di decreto legislativo, finora approvato solo in via preliminare, riguardante la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure
. Le modifiche che si chiedono sono otto, per il dettaglio dei singoli emendamenti rimandiamo quindi alla lettura dell’allegato. Quello che qui preme evidenziare è la ratio delle modifiche chieste dal sindacato: la tutela dei lavoratori disabili e di tutti coloro che prestano lavoro accessorio; la presenza delle parti sociali nel Comitato per le politiche attive e il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza, allo scopo di garantire “l’ottica tripartita con cui è costruito l’intero sistema nazionale della prevenzione”; la compattezza della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza (di cui invece si vorrebbero ridurre i componenti e modificare i meccanismi di nomina); il mantenimento del Registro infortuni (che invece s’intende abolire); il mantenimento dell’obbligo di comunicazione e denuncia degli infortuni alla pubblica sicurezza secondo le modalità attualmente previste (riguardante quindi l’inabilità al lavoro per più di tre giorni, e non 30 come invece stabilisce il decreto); la salvaguardia del “diritto indisponibile” del singolo lavoratore a godere di riposi e ferie.