Il mantra sul Jobs Act ripetuto dal presidente del Consiglio Renzi, che chiede rinunce ai lavoratori “ipergarantiti” così da proteggere e includere nelle tutele i giovani e i precari, a quanto pare è tutto fumo e niente arrosto. Addio all’Articolo 18 in cambio di cosa? Sono gli stessi lavoratori “flessibili” a esprimere dubbi e perplessità sui provvedimenti del governo. L’Associazione 20 maggio - che rappresenta oltre 12.000 giovani, precari e professionisti – ha diffuso alcune schede di lettura critica delle Deleghe sul mercato del lavoro contenute nel Jobs Act. Le schede (scheda 1, scheda 2, scheda 3) sono state elaborate dall’Osservatorio dei Lavori (diretto da Patrizio Di Nicola), e si possono consultare in allegato. Di seguito, invece, riportiamo le analisi e le priorità individuate dall’Associazione presieduta da Emilio Gabaglio.

Semplificazione delle tipologie contrattuali
L’auspicabile semplificazione delle attuali innumerevoli tipologie contrattuali è solo ipotizzata e, a ben vedere il resto della delega, rimangono espressamente sia le collaborazioni coordinate e continuative (per esse si prevede un compenso minimo orario, ammortizzatori e tutele sociali, così come dovrebbero rimanere voucher e prestazioni occasionali per cui è previsto al massimo un accorpamento).

Non si prevede l’eliminazione né delle Associazioni in Partecipazione, ne delle false Partite Iva. Sapendo che i decreti delegati non possono stravolgere le indicazioni della delega, per quanto generico sia l’attuale testo, al momento è ipotizzabile rimngano almeno tutte le seguenti forme di lavoro precario (collaborazioni coordinate e continuative, Ass. in Partecipazione, partite iva individuali) e quindi, a meno dell’approvazione di nuovi emendamenti, è difficilmente ipotizzabile lo scambio tra contratto a tutele crescenti e superamento delle principali forme di lavoro precario, soprattutto quelle più odiose e criticabili.

Nell’ambiguità del testo e nelle recenti dichiarazioni del Governo, si potrebbe presumere la cancellazione dei soli contratti di collaborazione a progetto (647.691 di cui 546.203 con solo quel tipo di contratto) che in realtà continuerebbero a vivere come collaborazioni coordinate e continuative (previste nel pubblico e nel privato) e riferibili al codice Civile (art. 2222) come prestazioni d’opera senza Iva e 409, n. 3, del C. P. C. o che verrebbero trasformate in partite iva, che costano per i committenti molto meno delle collaborazioni.

Il danno sarebbe gravissimo per i lavoratori perché toglierebbe le tutele sociali e i diritti introdotti con le collaborazioni a progetto, ma si aumenterebbero anche gli abusi senza l’obbligo di un progetto e senza le altre regole anti elusione oggi presenti. Questo a fronte di un’illusione di trasformazione in lavoro subordinato difficile visto il permanere dell’enorme differenza del costo del lavoro e l’assenza di diritti tra le collaborazioni o che verrebbero trasformate in partite iva, che costano per i committenti molto meno delle collaborazioni.

Al contrario chi chiede di portare le tante forme di lavoro precario a soli 4 o 5 tipi di contratto, dai contratti a progetto, alle Associazioni in Partecipazione, a tutte le altre forme di lavoro parasubordinato, deve sapere che inizia un processo molto lungo, se non vogliamo un milione di nuovi disoccupati (esattamente 920.479 ) e 100 mila aziende fallite, ma che deve portare ad avere solo 4 o 5 tipi di contratto. Questo senza tener conto delle false Partite Iva (269.386 secondo l’Istat)

Lavoro accessorio (voucher)
Attualmente tutte le prestazioni occasionali o accessorie non superano i circa 5.000 € e sono fra le forme più utilizzate di elusione del lavoro subordinato e della contribuzione previdenziale. Aumentare il limite di reddito utilizzabile per tutte le imprese e tutti i settori consentirebbe di avere molto più lavoro subordinato poco retribuito ed esentasse disponibile ad ore in qualsiasi momento.

Inoltre le esperienze già esercitate dimostrano che il controllo sull’effettiva regolarizzazione di tutte le ore effettivamente prestate da tali lavoratori è estremamente difficile, perché l’apparato ispettivo non sarà mai in grado verificare che dopo l’acquisto di un solo voucher valido per regolarizzare un’ora di prestazione lavorativa le altre non si svolgano in nero con gravi danni per il lavoratore e per tutta la collettività che vedrebbe aumentare, non ridurre, l’evasione e il lavoro nero dando più strumenti a chi vuole abusarne. I contributi previdenziali dei voucher infatti sono solo del 13% versati alla Gestione separata Inps contro il 27/28% degli altri lavoratori (33% nel 2018).

Ammortizzatori
Universalizzazione del campo di applicazione dell’ASpI, con estensione ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. 

Con la dizione di collaboratori coordinati e continuativi si lasciano fuori circa il 20% dei Parasubordinati (121.334) e va precisato che vale anche per le pubbliche amministrazioni altrimenti se ne escluderebbero altri 31.587. Pensando ad un sistema sperimentale e a risorse definite, come recita la delega, non c’è ragione di escludere gli altri parasubordinati iscritti alla Gestione Separata Inps. Inoltre occorre precisare che le prestazioni valgano anche per i parasubordinati iscritti all’ex Enpals ed evitare differenziare la contribuzione fra committenti più si rischia il travaso dalle forme precarie più costose a quelle più convenienti.

Maternità
Ricognizione delle categorie di lavoratrici beneficiarie dell'indennità, nella prospettiva di estendere, anche gradualmente, il beneficio a tutte. 

L’auspicabile estensione dell'indennità di maternità riguarderà in realtà solo le lavoratrici pagate coi voucher, le autonome occasionali e le lavoratrici delle associazioni sportive dilettantistiche. Si tratta di contratti che per la loro stessa natura sono pagati poco e vista, la scarsa retribuzione, potranno solamente beneficiare, nei fatti, della c.d. maternità stato, pari a circa 2.100 complessivi nei 5 mesi.

Ancora aperto inoltre il problema delle Partite Iva iscritte in gestione separata che, a differenza delle artigiane, commercianti o iscritte alle casse professionali, non possono continuare a fatturare durante il periodo di maternità, pena la decadenza dal diritto alla percezione. Questo obbligo di scelta tra lavoro e indennità, mutuato erroneamente dai dipendenti e non dagli autonomi, ha finito per indurre le lavoratrici con partita iva a dover scegliere tra rinunciare alla maternità o dichiarare una condizione d’inattività forzata e spesso non veritiera. E' facile capire che una lavoratrice autonoma non può interrompere del tutto l'attività, neanche durante la maternità, pena la disaffezione di clienti magari conquistati in anni di lavoro. L'esperienza delle casse professionali indica la strada, ovvero la necessità di permettere alle mamme autonome di continuare, nei limiti che ognuna stabilirà per sé, a svolgere la propria attività senza per questo dover rinunciare all’indennità di maternità.

Mancanze generali
L'indennità di maternità è uno dei pochi diritti di welfare già ora formalmente esteso a quasi tutte le lavoratrici, dipendenti e indipendenti, compresi collaboratori e partite iva iscritte alla Gestione Separata. E' comunque bene estenderne il diritto a tutte, a prescindere dal giudizio in merito al contratto di lavoro. Detto questo, il vero problema da risolvere è l'entità del beneficio, che è legato inscindibilmente ai bassi compensi medi delle lavoratrici indipendenti (Partite Iva e parasubordinati), che spesso rendono l'indennità effettivamente erogata più bassa della “maternità stato” è che, anche nelle modalità di calcolo, è molto penalizzante rispetto alle altre lavoratrici.

Mancanze essenziali
Non si prevede nessun intervento per le Partite Iva individuali (gli autonomi che non sono imprese e senza dipendenti, ne collaboratori (3.266.000 nel 2013 di cui 245.000 abusi). La mancata regolazione dei compensi e delle norme di regolazione del rapporto di lavoro delle Partite Iva individuali è una mancanza basilare non solo perché necessaria ma senza la quale si continua ad avere una facile possibilità per le imprese, che non utilizzassero più le altre forme di lavoro “precario”, di trasferire costi e rischi su questi lavoratori che costano meno sia dal punto di vista lavorativo che di costo del lavoro (es. si pagano loro tutta la previdenza) e sono in assenza di tutele e diritti.

Dopo i provvedimenti fiscali e quelli sul lavoro, le partite Iva iscritte alla Gestione Separata ed ex Enpals rimangono fuori da ogni forma di sostegno al reddito i lavoratori meno tutelati e più discontinui. Per loro non si possono usare le stesse modalità di rilevazione dello stato di disoccupazione che si usano per i lavoratori dipendenti estendendo l’Aspi ma si possono adottare forme più adatte ed efficaci.

Per le partite iva individuali iscritte in via esclusiva alla Gestione Separata e per quelle iscritte all’ex Enpals, va previsto allargamento della cosiddetta “una tantum” rifinanziando il fondo e utilizzando, per calcolare l’indennità ed erogare il sussidio, formulazioni innovative che prendano in considerazione i mesi scoperti da contribuzione previdenziale inferiori al minimale contributivo, con una rendicontazione finale nell'anno successivo dopo la chiusura dell'anno fiscale e un sostegno al reddito pari ai mesi di contribuzione versati.

Queste formulazioni servono per impedire che diritti introdotti dal legislatore formalmente non siano disponibili sostanzialmente, come già avviene nel caso dall’indennità di malattia e di maternità, perché l’Inps utilizza attualmente, anche per i lavoratori e lavoratrici con partita iva, gli stessi criteri e modalità in uso per il lavoro dipendente senza considerare le profonde differenze.

Dal punto di vista previdenziale le partite Iva iscritte alla Gestione Separata Inps potrebbero veder peggiorare ancora la propria situazione di reddito per via dell’aumento al28%, e progressivamente al 33%, dell’aliquota previdenziale se, nella Legge di stabilità non si prenderanno provvedimenti in merito. Così come dal punto di vista fiscale si sta aspettando la reintroduzione del regime dei contribuenti minimi per almeno 400 partite iva individuali.