D'ora in poi, le aziende potranno scegliere i disabili da assumere, con chiamata nominativa, evitando di rispettare la graduatoria delle liste speciali dei Centri per l'impiego, stilata in base alle percentuali di gravità degli handicap. Dopo l'articolo 23 sui controlli a distanza sui lavoratori, adesso fa discutere anche l'articolo 6 del Jobs act, contenuto sempre nei decreti attuativi della legge di riforma del mercato del lavoro, che va a modificare la legge 68 del 1999, la legge per il diritto al lavoro dei disabili.

"Se ne scopre una al giorno. Ieri il Grande Fratello, oggi una norma di civiltà, che doveva dare diritti e integrazione alle persone portatrici di handicap, crea nuove discriminazioni: è un'ingiustizia soprattutto per i disabili più gravi", è il duro commento della leader Cgil, Susanna Camusso.

Ma cosa succede in concreto con l'articolo 6? "Accade che tra un disabile al 20 e un altro al 60% l'azienda sceglierà il primo, meno grave. Significa che tra un disabile fisico e uno psichico, probabilmente la scelta cadrà sul primo. Insomma, parliamo di una discriminazione in ogni caso odiosa", rileva Virginio Massimo, presidente dell'Associazione 'Tutti nessuno escluso'.

La legge attuale obbliga tutte le imprese, sia pubbliche che private, tranne quelle sotto i 15 addetti, a riservare delle quote ai lavoratori disabili: fino a 50 dipendenti, si tratta di uno o due posti, che salgono al 7% della forza lavoro nel caso di aziende più grandi. "Un prescrizione largamente disattesa – afferma Nina Daita, responsabile nazionale Cgil per le politiche della disabilità –: niente ispettori, niente sanzioni, ma di certo non s'incentiva una norma discriminando e lasciando mano libera alle imprese".

Già oggi alcune aziende possono fare assunzioni nominative, scegliendo nelle liste speciali senza obbligo di rispetto della graduatoria (le imprese fino a 50 addetti per il 50%, quelle con più di 50 dipendenti fino al 60), ma adesso tale riserva salta del tutto e i sindacati temono una vera e propria deregulation. "L'impresa arriverà a scegliersi i più sani tra i meno sani, un fatto gravissimo per noi", denuncia Daita.

Gli iscritti nelle liste speciali
dei Centri per l'impiego sono quasi 700.000: per il loro collocamento, il Governo ha stanziato circa 20 milioni nel 2014, risorse ritenute largamente insufficienti dalle associazioni di sostegno.