È un Paese diviso sotto il profilo economico e sociale, ma anche sotto quello delle opportunità offerte dal sistema dell’istruzione, quello che emerge da un’analisi tracciata dalla Flc Cgil Sicilia nel corso di un convegno che vede, a Palermo, la partecipazione della segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso. Mentre aumentano le disuguaglianze, con il 36,8% delle famiglie più povere residenti al Sud e nelle isole rispetto all’11% del Nord e al 14% del Centro, “sull’istruzione, che è uno dei cardini dello sviluppo – ha detto Graziamaria Pistorino, segretaria generale Flc Sicilia –, non si è investito e di questo ha fatto le spese soprattutto la Sicilia, che scontava già un gap con il resto del Paese e non è stata messa nelle condizioni di recuperare”.

A conferma di ciò, ecco alcuni dati: il tempo pieno nell’Isola riguarda solo l’8% della scuola primaria contro il 48% di regioni come la Lombardia, dove a Milano la percentuale sale al 91%. “In Sicilia – ha rilevato la leader del sindacato della conoscenza Cgil – un bambino sta a scuola  nel quinquennio 2.145 ore in meno, quasi due anni, rispetto a un coetaneo del Nord”. Nell’isola, secondo i dati Flc, l’80% dei bambini non usufruisce della mensa.

“Le regioni dove non è assicurato il servizio mensa – ha detto la dirigente sindacale – sono quelle dove  si registrano i maggiori tassi di dispersione scolastica. Il 13,9% dei bambini del Sud non va a scuola e la punta massima è proprio in Sicilia con il 24,8%, con picchi, secondo i dati di Save the children nelle province di Caltanissetta (41,7%), Palermo (40,1%), Catania (38,6%), Ragusa (37,1%)”. Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, “la scuola privata supplisce alla cronica carenza della scuola di Stato”. Questo, in un contesto che ha registrato in dieci anni 77.365 studenti in meno - 12.428 quest’anno -, rispetto all’anno scorso.

“Una diminuzione – ha sostenuto la sindacalista – dovuta anche alla fuga di interi nuclei familiari, con una desertificazione pure sotto il profilo delle risorse umane”. Tesi confermata dai dati sull’emigrazione: dal 2001 al 2015 hanno lasciato il Sud circa 900.000 giovani tra i 15 e i 34 anni, il 22% dei quali laureato. Per quanto riguarda l’università, “quasi il 30% dei giovani meridionali che s'iscrivono – ha detto la segretaria Flc Sicilia – sceglie un ateneo fuori dalla propria regione, anche per le diverse opportunità offerte. A un anno dalla laurea, 74 ragazzi su 100 lavorano, contro i 53 su cento del Sud. È un Paese diviso anche per quanto riguarda i dottorati banditi, settore in cui tutti gli atenei hanno subito un crollo delle risorse: tra i dieci che bandiscono più posti di dottorato, otto sono comunque concentrati al Nord”.

Inoltre, per quanto riguarda il sistema di formazione professionale in Sicilia, “vige il completo immobilismo e non si è ancora riusciti a ottenere un sistema di qualità”. A fronte di questo, la Flc chiede “investimenti diretti in istruzione, ricerca e tecnologia assieme a politiche di sviluppo e dell’occupazione”. Sulla scuola, il sindacato sollecita “un adeguamento del tempo scuola nelle aree a maggiore dispersione scolastica”. Ma anche di “realizzare corsi di specializzazione sul sostegno per i docenti che hanno chiesto il rientro in Sicilia, destinandoli per il prossimo anno ai 5.000 posti di sostegno disponibili”. Infine, “di rivedere i parametri per il calcolo dei costi standard per studenti e di reinvestire nel fondo di finanziamento ordinario, scorporando la quota premiale, che deve essere aggiuntiva”.

“Serve una politica di sviluppo per il Mezzogiorno e la Sicilia – ha sottolineato Pistorino – che abbia come presupposto l’estensione dei diritti di cittadinanza, a partire da quello all’istruzione per tutto l’arco della vita. È necessario riaprire una grande discussione pubblica sull’importanza di scuola, università e ricerca per lo sviluppo, cosa ancora più urgente di fronte alle sfide poste dalle profonde trasformazioni in corso del sistema produttivo”.