“In Europa siamo ultimi per crescita del Pil, primi per precarietà dei giovani, ultimi per equità nella distribuzione di redditi e ricchezza, con salari e pensioni che da anni perdono potere d'acquisto e povertà crescente. L'Italia è il paese più vecchio del mondo, 44 anni di età media, contro i 20 anni del Magreb, che invecchia male perché da anni sacrifica l'unica risorsa scarsa e creativa, quella dei giovani”. Nicola Cacace legge su L’Unità i dati del rapporto annuale Istat in chiave generazionale. “Nessun paese al mondo ha avuto una regressione economica così continua da quarant'anni in parallelo con un accelerato processo di mortificazione dei giovani e di aumento delle diseguaglianze: il Pil era cresciuto del 3,8% annuo nel decennio settanta, del 2,4% nel decennio ottanta, dell’1,6% nel decennio novanta e dello 0,2% nel decennio 2000-10. Poiché nel frattempo la popolazione è cresciuta dai 50 milioni del 1960 ai più di 60 di oggi, il Pil per abitante ha rallentato ancora più del Pil portando l'Italia tra i paesi più poveri d'Europa. La società globale fa avanzare i Paesi dove equità e innovazione, e quindi i giovani, sono dominanti e fa arretrare gli altri”.

“L'Italia deve invertire una direzione di marcia completamente sbagliata – conclude l’economista –. È difficile ma non impossibile. Le radici di paese vitale e creativo fanno sperare che si ritrovi la strada di politiche pro innovazione che rimettano il lavoro al centro, valorizzino istruzione e meriti e portino più giovani a emergere. E soprattutto che si riducano le diseguaglianze. In questa crisi si è riscoperto che i paesi a minor diseguaglianza sono anche i più ricchi, Germania e Francia, Olanda e Danimarca, Austria e Svezia tra gli altri. È sperabile che la lezione di questi anni abbia insegnato qualcosa, a tutti.