Nel corso dell’odierna audizione della Commissione d’inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro, la Cgil ha valutato con molta prudenza il calo del 3,6% avvenuto nel 2011 in regione. "Questo dato correlato – spiega il segretario generale della Cgil Friuli Venezia Giulia, Franco Belci – con l’andamento del mercato del lavoro, che ha registrato, dal 2008 ad oggi, il 4,8% di occupati in meno e un larghissimo ricorso da parte delle aziende agli ammortizzatori sociali".

Meno lavoro, meno infortuni, insomma, mentre preoccupano le malattie professionali che sono in costante crescita, del 4,4% nel 2010 e dell’11% nel 2011. Secondo Belci, l’aumento e la tipologia delle malattie chiamano in causa soprattutto l’allungamento complessivo della vita lavorativa in condizioni di disagio e di usura fisica. "Non tutti i lavori sono uguali – commenta il segretario – e per alcuni di essi l’esposizione al rischio aumenta con l’età. Una riflessione del tutto estranea alla logica della riforma delle pensioni, che agisce con una fredda logica statistica e assicurativa e non tiene conto delle caratteristiche della singola prestazione lavorativa: un conto è lavorare per quarant’anni in un cantiere, un conto è farlo in un ufficio".

Tra le principali criticità da risolvere, per la Cgil, la prima riguarda la maggiore frequenza degli incidenti negli appalti: caso emblematico quello di Fincantieri, dove l’azienda non ha finora dato risposte soddisfacenti alla richiesta di controlli del sindacato. La seconda riguarda i rapporti di lavoro precari, che comportano una frequenza di incidenti molto più alta rispetto a quelli stabili. La terza investe gli immigrati, uno su quattro dei quali è vittima di incidenti.

Infine, Belci ha lamentato l’insufficiente impegno della Regione per la problematica: le unità di prevenzione e sicurezza delle Asl sono cronicamente sotto organico e impegnate più nel controllo, al servizio della magistratura, che nella prevenzione. Nella programmazione sanitaria non è stata adeguatamente affrontata la questione e il Comitato per la salute e la sicurezza, istituito per legge nel 2007, con l’obbligo di riunirsi almeno quattro volte l’anno, lo ha fatto per tre volte nel 2011 e una sola nel 2012. "Segno – ha concluso Belci – di una palese disattenzione".