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Aumentano infortuni e morti sul lavoro. Sono questi i dati che si ricavano dalle rilevazioni di ministero del Lavoro, Istat, Inps e Inail contenute nella "Nota trimestrale congiunta sulle tendenze dell'occupazione" diffusa stamattina. Nel primo trimestre del 2017 le denunce di morti bianche aumentano del 12,4% rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente. Gli infortuni sul lavoro con esito mortale denunciati sono stati 190 contro le 169 del primo trimestre 2016. Pesano, sui dati, i due gravi incidenti di gennaio 2017 per la valanga sull'albergo di Rigopiano e la caduta dell'elisoccorso a Campo Felice.
Complessivamente gli infortuni sul lavoro denunciati all'Inail nel primo trimestre sono stati 134 mila (di cui 112 mila in occasione di lavoro e 22 mila in itinere), in aumento del 5,9% (+7.430 denunce) rispetto al primo trimestre del 2016. Poco meno di un quarto dei decessi è avvenuto in itinere, ma l'incremento ha riguardato esclusivamente gli infortuni in occasione di lavoro (+18,5%). Del resto, a fronte di un calo in agricoltura (-10 decessi), l'aumento si concentra nell'industria e nei servizi (+31 decessi), a partire da commercio, sanità e trasporto-magazzinaggio.
"Da tempo la Cgil denuncia le politiche di svalorizzazione del lavoro condotte da anni nel nostro Paese e che, con gli ultimi Governi, hanno visto ulteriormente abbassata la soglia dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Difficile leggere gli ultimi dati sugli infortuni fuori da questo contesto, poiché il diritto alla tutela della sicurezza e della salute delle persone costituisce il diritto fondamentale di una moderna civiltà del lavoro". Così il segretario confederale della Cgil Franco Martini commenta i dati.
Per Martini "se ad una timida ripresa dell'economia si accompagna il peggioramento dei dati infortunistici significa che, ancora una volta, la ricerca di una maggiore produttività non avviene investendo sulla qualità dei fattori di impresa, a iniziare da quella principale, il lavoro". "Le cause degli infortuni, mortali e non, che sono le stesse di mezzo secolo fa - prosegue - dimostrano che l'innovazione è tanto predicata quanto poco praticata, a tutti i livelli ed in tutti i settori produttivi".
"Per questo occorre reagire mettendo al bando la propaganda", sostiene il dirigente sindacale. "La battaglia per la sicurezza sul lavoro va condotta congiuntamente da parti sociali e istituzioni, con una strategia nazionale che il nostro Paese, tra gli ultimi in Europa, non ha ancora messo a punto. Va combattuta con leggi coerenti e trasversali, poiché l'economia illegale, le zone di frontiera come gli appalti, il dumping contrattuale, costituiscono territori dove i rischi sono maggiori". "Va combattuta - aggiunge - con politiche mirate che vanno dai controlli, da intensificare, al rilancio della prevenzione nei luoghi di lavoro, valorizzando i rappresentanti aziendali e territoriali alla sicurezza. Motivi per cui i sindacati, unitariamente, hanno aperto un confronto con il ministero del Lavoro".
"Ma per rendere efficaci questi interventi - sottolinea il segretario confederale della Cgil - occorre cambiare segno alle politiche sul lavoro e per lo sviluppo. Senza investimenti, pubblici e privati, il sistema produttivo resterà arretrato, inducendo al maggior sfruttamento della risorsa umana. Senza un nuovo diritto del lavoro, la cultura della sicurezza rischia di cedere definitivamente il passo alle diverse forme di monetizzazione del rischio".
"E soprattutto - conclude Martini - senza la creazione di nuovi, veri posti di lavoro, oltre la droga degli incentivi, la mancanza di occupazione non potrà che alimentare la spinta ad un lavoro 'qualunque esso sia', quindi anche a rischio della vita, o, addirittura, alla rinuncia ad una vita priva di prospettiva, come testimonia tragicamente il dramma della disoccupata di Torino che si è data fuoco per la disperazione".