Un tavolo di confronto da aprire subito dopo il 30 giugno, termine ultimo per la presentazione delle offerte vincolanti per l'acquisizione dell'Ilva. È questa la promessa che il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha fatto a Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil nell’incontro che si è tenuto oggi (martedì 21 giugno) a Roma. Un vertice chiesto dai sindacati, preoccupati perché “sull'Ilva si continua a perdere tempo”, vedendo profilarsi all’orizzonte “il rischio concreto di un pesante ridimensionamento dei livelli occupazionali”. Un’eventualità che sarebbe una vera e propria catastrofe per la città di Taranto.

Per Rosario Rappa, segretario nazionale della Fiom, “è positivo, e rappresenta una scelta di discontinuità con il passato, che oggi il ministro abbia dato la sua disponibilità ad aprire un tavolo di confronto costante con le organizzazioni sindacali. Al contempo - aggiunge - siamo più preoccupati dopo l'incontro di oggi di quanto lo eravamo prima. Una preoccupazione che deriva dal fatto che le priorità da noi più volte richiamate, il rispetto dei tempi del processo di ambientalizzazione e un piano industriale che stabilisca una capacità produttiva tale da mantenere gli attuali livelli occupazionali di Taranto e di tutto il gruppo, sono ancora una volta messe in dubbio per decreto dal governo.”

“Per la Fiom – continua – non è possibile che si aspetti l'ultimo giorno utile per capire cosa succederà dell'Ilva. È assolutamente necessario che venga chiarito quali sono i tempi e i modi del processo di ambientalizzazione, che per noi è una precondizione al rilancio dello stabilimento, e che sia stabilito che i livelli produttivi siano tali da garantire l'assenza di esuberi nel gruppo. In assenza di questi chiarimenti – conclude – valuteremo iniziative di mobilitazione”.

"Il Governo ha tranquillizzato le organizzazioni sindacali sulle problematiche legate alla liquidità, garantendo quindi il pagamento degli spettanze ai lavoratori. Nulla è stato invece dichiarato su occupazione e sulle garanzie che nessuna offerta di acquisizione può mettere in discussione, ossia gli attuali livelli occupazionali di tutti gli stabilimenti del Gruppo", così Bruno Manganaro, segretario generale della Fiom Genova. Che aggiunge: "Nei decreti, il governo garantisce l'immunità nei confronti di chi compra, ma non esplicita come si possa garantire che al termine del processo non vi siano esuberi". Per questo, "la Fiom Cgil di Genova  considera positivo il confronto aperto con il governo su questa partita, ma dichiara sin d’ora che non accetterà alcun esubero, promettendo una dura lotta di fronte a qualunque ipotesi di questo tipo".

A impensierire i sindacati sono le modalità con cui il governo intende condurre la cessione dell'impianto siderurgico. L'ultimo decreto, dicono Fim, Fiom e Uilm, ha di fatto allungato di quattro mesi i tempi di vendita, esponendo un sito che produce solo 4,5 miliardi di tonnellate di acciaio e perde circa 2 milioni di euro al giorno a una fase di interregno pericolosa. Inoltre, la priorità che il governo ha dato al piano ambientale, che dovrà essere presentato dagli offerenti, rischia di porre in secondo piano anche i programmi industriale e occupazionale, che i sindacati invece ritengono altrettanto importanti.

Ed è proprio su questi ultimi due aspetti che si addensano le maggiori preoccupazioni. Le offerte per il gruppo siderurgico saranno rese pubbliche giovedì 30 giugno, ma le notizie fin qui trapelate non lasciano certo sereni i lavoratori. I piani industriali delle due cordate ArcelorMittal-Marcegaglia e Arvedi-Erdemir (assieme a Delfin e alla Cassa depositi e prestiti) ipotizzano livelli di produzione al di sotto sia delle potenzialità degli impianti sia del tetto fissato dal Piano ambientale del 2014 (otto milioni di tonnellate di produzione). E prevedono anche di lasciare fermo l'altoforno 5, che da solo vale il 40 per cento della produzione. Da qui, ovviamente, la preoccupazione dei sindacati per un ridimensionamento dell'Ilva almeno nel breve-medio periodo. Qualcosa di più si saprà mercoledì 22 giugno, quando la cordata Arvedi-Erdemir sarà ascoltata dalla Commissione Industria del Senato (la cordata concorrente è stata audita pochi giorni fa).

Nell’incontro di venerdì 17 giugno scorso tra Ilva e sindacati, l’azienda ha intanto comunicato nuove fermate degli impianti, a partire dalla seconda metà di luglio: in particolare si fermeranno il tubificio 1 e il tubificio Erw a causa della mancanza di ordini (altri stop si prevedono anche nell’area laminazione). I due stop si aggiungono a quelli del tubificio 2 e dei rivestimenti, che sono già fermi. Nuove fermate, ma stavolta per lavori di manutenzione, sono in programma per l’area a freddo del siderurgico. I 200-220 lavoratori degli impianti che si fermeranno si avvarranno dei contratti di solidarietà, già in atto all’Ilva, e che attualmente coinvolgono circa 1.500 dipendenti.

“Lo scenario che prefigura l'approvazione del decimo decreto sul tema Ilva è quello drammatico di un ulteriore slittamento dei tempi” ha spiegato nei giorni scorsi il segretario della Cgil tarantina Giuseppe Massafra, segnalando “il lassismo che sta caratterizzando la fase di intervento sulle molteplici criticità del territorio”. L’esponente sindacale sottolinea di “aver chiesto il riconoscimento di ‘area di crisi complessa’ proprio per evitare quello che in queste ore sta accadendo: un tutti contro tutto nel tentativo di scaricare i problemi, smontando la complessità di un’emergenza che è globale e non riguarda l'Ilva soltanto”. Questo riconoscimento, conclude Massafra, servirebbe anche “a individuare strumenti veri come le risorse per gli ammortizzatori sociali, utili a questo difficile passaggio di consegne tra il vecchio e il nuovo modello di sviluppo che ci intendiamo dare”.

Per concludere con la tempistica dell’acquisizione, occorre ricordare che, come prevede il decreto varato dal governo (che martedì 21 giugno approda alla Camera per la conversione in legge) sulla procedura di cessione del gruppo Ilva, le cordate dovranno definire un piano industriale e ambientale che sarà valutato (da un comitato di esperti) entro tre mesi dalla presentazione, piano che poi passerà al vaglio dell’Antitrust. È ipotizzabile, quindi, che l'operazione si possa concludere per la fine del 2016.