A settanta anni di distanza dalla sua nascita, il convegno “4 giugno 1944: il Patto di Roma, un sindacato libero nell’Italia liberata”, organizzato dalla Fondazione Di Vittorio, dalla Fondazione Giulio Pastore, dalla Fondazione Bruno Buozzi, organizzato all’Ara Pacis a Roma, è tornato a discutere della nascita della Cgil unitaria ma soprattutto ha voluto attualizzare i temi legati a quell’avvenimento nella convinzione che oggi come ieri un sindacato libero, forte e capace di agire unitariamente rappresenti un soggetto indispensabile al buon funzionamento della democrazia.

Nel 1943-45, negli anni di crisi della nazione come entità territoriale e di crisi delle sue diverse istituzioni sociali, economiche e politiche, si colloca il processo di rinascita del libero sindacato che approda il 4 giugno del 1944 alla firma del Patto di Roma e alla costituzione della Cgil unitaria. In un paese militarmente occupato e spaccato in vari centri di potere diversamente legittimati (gli Alleati, la Repubblica di Salò, il governo Badoglio, Il Comitato di liberazione, la Wehrmacht) la Cgil unitaria costituisce un elemento di assoluta novità, poiché precedentemente non era mai esistita un’organizzazione che raggruppasse forze di ispirazione cattolica, socialista e comunista, formalmente autonoma dai partiti politici, dallo Stato, dal governo e indipendente dal sistema economico.

L’organizzazione sindacale ricostruita su ispirazione di Giuseppe Di Vittorio, di Bruno Buozzi e di Achille Grandi (il Patto di Roma porta le firme di Giuseppe Di Vittorio, Achille Grandi e Emilio Canevari a causa della tragica morte di Bruno Buozzi ucciso dai nazisti che si ritiravano da Roma nella strage de La Storta il 3 giugno 1944, proprio alla vigilia della rinascita della Cgil), fu una grande e autonoma organizzazione di rappresentanza dell’insieme del mondo del lavoro, comprensiva dei braccianti e dei contadini, degli impiegati dei servizi, dei lavoratori dell’industria ed estesa fino alla massa dei disoccupati.

Nell’inedita forma di squilibrio tra dimensione della sovranità del governo nazionale e dipendenza internazionale che accompagnò la sconfitta militare del paese, la Cgil unitaria nasceva come istituzione attraverso la quale, dopo la fase finale della guerra di liberazione, doveva passare la necessaria ridefinizione della legittimazione politica del lavoro. La Cgil unitaria, rappresentando e disciplinando larghe masse di lavoratori, fu un fattore di ordine interno che favorì la stabilizzazione delle zone liberate dagli Alleati che risalivano la penisola.

Fu la Cgil unitaria che riempì il vuoto che nel tracollo dell’apparato pubblico e produttivo, in seguito alla sconfitta militare, impediva ogni interlocuzione sociale e istituzionale. Non a caso Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea costituente, dopo la promulgazione della Costituzione volle commentarla rilevando innanzitutto il “riconoscimento” avuto dal lavoro: “Il lettore della nuova Costituzione vede ricorrere in essa molte volte la parola ‘lavoro’, completamente ignorata dallo Statuto Albertino del 1848. Sta di fatto che, dopo decenni e decenni di lotte tenaci, pur attraverso la parentesi obbrobriosa del fascismo, i diritti del lavoro hanno avuto finalmente il loro riconoscimento decisivo, diventando materia costituzionale e cioè parte integrante della legge fondamentale della Repubblica”.

E non fu una concessione. Esattamente dopo decenni di lotte tenaci e dopo essere stato la decisiva forza in campo contro il fascismo, in un paese sconfitto e distrutto dalla guerra, il mondo del lavoro fu il soggetto contraente fondamentale del patto costituzionale. E la democrazia repubblicana costituzionalizzò finalmente le masse lavoratrici italiane. Giuseppe Di Vittorio sottolineò il diverso ruolo del sindacato rispetto all’età liberale, quel sindacato che con il Patto di Roma si riconosceva unitario perché unitario era stato lo sforzo e la lotta dei lavoratori per la riconquista della libertà e l’approdo alla democrazia: “La differente posizione in cui è venuta a trovarsi la classe operaia, rispetto al complesso della società nazionale, si può schematizzare in due termini contrapposti: da negativa, qual era anche nel periodo prefascista, è divenuta positiva e a differenza del vecchio movimento sindacale prefascista la Cgil si è affermata sin dal suo sorgere, come forza nazionale di primo piano, come spina dorsale e pilastro fondamentale della nazione, della nuova Italia repubblicana”.

Il sindacato unitario, nella sua nuova dimensione di contraente del patto costituzionale, assumeva un ruolo di corresponsabilità del destino del paese tutto, rappresentando con l’interesse dei lavoratori un interesse che doveva essere davvero nazionale. Infatti, il primo obiettivo che la Cgil unitaria stabilì per i lavoratori e al contempo il primo obiettivo che indicò come dei lavoratori fu la Ricostruzione.