Erano le 16:18 di domenica, piena estate, il 19 luglio del 1992. Un'enorme carica di tritolo nascosta in una 127 rubata e posteggiata in via D'Amelio, a Palermo, distrusse 6 vite. Quel giorno morirono il magistrato Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

“In queste ore, in questi giorni, ricorre più frequentemente sui social network, una frase di Borsellino: parlate di mafia, parlatene nelle scuole o nei luoghi di lavoro, ma parlatene. In questo messaggio di 25 anni fa c'è una grande verità. Perché le mafie non sono state sconfitte, e quindi parlare di mafia oggi non è soltanto volontà di ricordare, ma la scelta di riaffermare un impegno forte e quotidiano contro l'illegalità.” A dirlo è Gianna Fracassi, segretaria nazionale della Cgil, ai microfoni di Italia Parla su RadioArticolo1.

L'impegno del sindacato di Corso d'Italia per la legalità, in effetti, non è venuto mai meno ma si è approfondito ed è divenuto uno degli assi portanti dell'attività della Confederazione. “Dobbiamo rafforzare la memoria collettiva – ha continuato Fracassi -, perché la memoria ci consente di affrontare il presente in modo più efficace. Considerare queste ricorrenze come qualcosa di quasi burocratico sarebbe una sconfitta per la società di oggi nelle battaglie che ancora si devono combattere”.

È di questa mattina la notizia che la Procura di Reggio Calabria ha avviato una serie di arresti in tutta Italia, perché le cosche avevano messo le mani sui subappalti dell'alta velocità. “È evidente che c'è ancora una frontiera da superare – ha affermato ancora la sindacalista - , e la memoria deve servire per costruire un maggior appoggio alle persone che queste battaglie le stanno facendo, spesso in solitudine. Le procure stanno facendo un grandissimo lavoro, ma con uomini e mezzi spesso inadeguati, sottoposti a un carico di lavoro e a uno stress davvero difficilissimo da sopportare”.

Quando si parla di pubblica amministrazione, infatti si parla anche di questo problema. ”La nostra organizzazione ha più volte sottolineato la necessità di rivedere non soltanto il numero dei magistrati nelle zone calde, ma anche il numero di operatori di sicurezza in determinati contesti. E poi c'è tutto un tema che riguarda gli organici del ministero della Giustizia e gli amministrativi, i cancellieri, gli assistenti sociali. E' un paradosso, perché mancano tante migliaia di lavoratori, e 2500 precari della giustizia. Presto si avvierà un concorso. Ma è solo un primo passo, ma occorre anche pensare a una revisione delle piante organiche che sia coerente con gli impegni in determinati contesti”.

Lo scorso fine settimana, tra l'altro, si è riunita la Consulta per la legalità della Cgil, all'interno del Parco dei Nebrodi per portare vicinanza al suo presidente Giuseppe Antoci, scampato da poco a un attentato. “Prima di tutto – ha detto Fracassi – vogliamo rafforzare la rete di conoscenze e di esperienze legate al lavoro ordinario del sindacato, poi vogliamo rendere migliore la contrattazione territoriale e le iniziative contrattuali. L'obiettivo è sperimentare la contrattazione territoriale di filiera, uno strumento molto efficace, perché dove c'è il lavoro di qualità è molto più difficile che le mafie si infiltrino. La Cgil può essere davvero una vedetta di legalità nei luoghi di lavoro.

Al Senato, poi, è in discussione anche la riforma del Codice antimafia, al cui interno ci sono gli articoli del disegno di legge di iniziativa popolare voluto anche dalla Cgil “Io riattivo il lavoro”. Ma il Senato – ha concluso la segretaria nazionale Cgil - si è preso tempi lunghissimi. È importante invece accelerare, e lo stiamo chiedendo con forza. Perché il lavoro buono può essere uno strumento importante per combattere la mafia”.