...(Corte Costituzionale del 24 ottobre 2008, n. 351). Il caso è quello di un dirigente dichiarato decaduto dall’incarico di direttore generale dell’Azienda Usl Rm/E in applicazione delle disposizioni legislative della Regione Lazio sullo spoil system, secondo cui i vertici istituzionali venivano meno con l’insediamento del nuovo Consiglio regionale (leggi regionali n. 9/05 e n. 1/04). Il dirigente ha impugnato il provvedimento davanti al Tar Lazio, chiedendone la sospensione che però veniva rigettata. Contro tale rigetto il dirigente ha proposto appello davanti al Consiglio di Stato, che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della normativa regionale sullo spoil system.

La questione è stata ritenuta fondata dalla Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 104 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità della normativa regionale. Tuttavia, prima che il Consiglio di Stato si pronunciasse sull’appello cautelare applicando la sentenza della Corte Costituzionale, la Regione Lazio ha cercato di limitarne gli effetti approvando la legge 13 giugno 2007 n. 8 secondo cui: “La Giunta regionale, nei confronti dei componenti di organi istituzionali degli enti pubblici dipendenti, i quali siano decaduti dalla carica ai sensi di norme legislative regionali dichiarate illegittime a seguito di sentenze della Corte costituzionale, con conseguente risoluzione dei contratti di diritto privato disciplinanti i relativi rapporti di lavoro, è autorizzata a deliberare in via alternativa: a) il reintegro nelle cariche e il ripristino dei relativi rapporti di lavoro; b) un’offerta di equo indennizzo”.

Il Consiglio di Stato ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della legge regionale 13 giugno 2007 n. 8. La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge 13 giugno 2007 n. 8 per contrasto con l’art. 97 della Costituzione. Adifferenza di quanto accade nel settore privato, nel quale il potere di licenziamento del datore di lavoro è limitato allo scopo di tutelare il dipendente – ha osservato la Corte – nel settore pubblico il potere dell’amministrazione di esonerare un dirigente dall’incarico e di risolvere il relativo rapporto di lavoro è circondato da garanzie e limiti che sono posti non solo e non tanto nell’interesse del soggetto da rimuovere, ma anche e soprattutto a protezione di più generali interessi collettivi. Le garanzie non mirano soltanto a proteggere il dirigente come dipendente, ma discendono anche da princìpi costituzionali posti a protezione di interessi pubblici: l’imparzialità amministrativa, con cui contrasta un regime di automatica cessazione dell’incarico che non rispetti il giusto procedimento; il buon andamento, che risulta pregiudicato da un sistema di automatica sostituzione dei dirigenti che prescinda dall’accertamento dei risultati conseguiti.

Da tutto ciò deriva, secondo la Corte, che forme di riparazione economica non possono rappresentare nel pubblico strumenti efficaci di tutela degli interessi collettivi lesi. Il fatto che un dirigente rimosso automaticamente e senza contraddittorio riceva un ristoro economico non attenua il pregiudizio arrecato all’interesse collettivo, all’imparzialità e al buon andamento della pubblica amministrazione, anzi lo aggrava, aggiungendosi al costo finanziario delle retribuzioni dei nuovi dirigenti.