Sono ancora numerosi i casi di discriminazione dei lavoratori sieropositivi, nonostante la circolare congiunta emanata due anni fa dai ministeri della Salute e del Lavoro, in cui erano contenute tutte le indicazioni relative alla possibilità di accertamento della sieropositività e le limitazioni da rispettare. Lo denuncia la Lila, Lega italiana per la lotta contro l’Aids, in un comunicato diffuso alla vigilia del Primo Maggio.

A segnalare la mancata applicazione delle disposizioni previste dalla circolare contribuiscono le continue segnalazioni pervenute alle help-line dell'associazione diffuse su tutto il territorio nazionale. “Chiediamo l’applicazione della circolare sulla tutela della salute nei luoghi di lavoro", sottolinea il presidente della Lila, Massimo Oldrini. "Stiamo ricevendo moltissime richieste di aiuto di lavoratori e lavoratrici con Hiv terrorizzati di restare disoccupati da un giorno all’altro a causa dell’ignoranza e dello stigma ancora molto radicati. Richieste di test negativi, demansionamento o anche peggio, qualora un dipendente comunichi la propria positività all’Hiv al datore di lavoro pubblico o privato”.

Lo scorso anno si sono rivolti al supporto dei centralini telefonici centinaia di utenti, per lo più uomini di età compresa tra i 20 e i 50 anni (con un leggero aumento di coloro che dichiarano di avere meno di 20 anni, passati dallo 0,85 all’1,42 per cento). Tra tutte le segnalazioni, il 48 per cento afferma di essersi sottoposto al test. Riferito all’intero campione esaminato, le persone che hanno comunicato la loro infezione da Hiv sono quasi il due su dieci, con una prevalenza più elevata di donne.

“La circolare – prosegue Oldrini – parla chiaro laddove sottolinea che il test di sieropositività non può essere richiesto in maniera indiscriminata, ma solo se sussiste un effettivo fattore di rischio nei confronti di terzi. Oltre a questo, ci risulta ancora senza risposta l’interrogazione parlamentare presentata a maggio dell'anno scorso dagli onorevoli Lenzi e Galli per garantire che le procedure di selezione del personale delle Forze Armate avvengano nel rispetto della normativa nazionale. Nel frattempo continuiamo a ricevere denunce anonime da parte di dipendenti del ministero della Difesa, che raccontano di richieste di test Hiv negativi anche per chi svolge mansioni di ufficio”.

L’impegno a favorire la prevenzione e il contrasto alla penalizzazione delle persone sieropositive sono gli obiettivi di primo piano della Lila e delle altre associazioni non governative che con essa collaborano alla lotta contro l’Aids. “Deve terminare – conclude il presidente – la stigmatizzazione di chi è Hiv positivo nei luoghi di lavoro. Questo è un concetto privo di senso anche dal punto di vista scientifico e non solo etico. Per i corpi militari non si comprende il senso dei controlli obbligatori di idoneità al lavoro senza ragionevole ipotesi di pericolo, come nel caso delle missioni all’estero”.