“Consideriamo positivi gli interventi approvati che potenziano alcune tutele in favore dei lavoratori della Gestione separata Inps; tuttavia, per garantire diritti pieni ed esigibili la strada da fare è ancora lunga”. È il primo commento delle segreterie nazionali di Felsa Cisl, Nidil Cgil e Uiltemp al decreto 3 settembre 2019 n. 101, convertito nella legge 128.

Il provvedimento legislativo, attraverso la riduzione del requisito contributivo, ha ampliato l'accesso a prestazioni sociali come la maternità, i congedi parentali, la malattia e la disoccupazione e ha aumentato gli importi degli indennizzi riconosciuti in caso di malattia, compresi quelli previsti per il ricovero ospedaliero. “Sono interventi molto importanti – proseguono i sindacati – per la protezione di lavoratrici e lavoratori fra i più deboli nel nostro mercato del lavoro, che rispondono però solo parzialmente alle richieste che da anni facciamo a tutela dei collaboratori coordinati e continuativi”.

Per le organizzazioni sindacali, “già in occasione della prossima legge di bilancio si può intervenire su due questioni che incidono sul reddito e sulla futura pensione dei lavoratori della Gestione separata Inps. La prima riguarda i collaboratori cosiddetti 'esclusivi', cioè quei lavoratori che non sono assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie e quindi versano un'aliquota piena pari al 34,23% (di cui 33% per pensione). Questa categoria di lavoratori, parliamo di circa 500 mila persone, paga oggi di tasca propria l'11% di contribuzione per pensione e quindi l'1,81% in più rispetto al 9,19% che versa normalmente un lavoratore dipendente. “Una vera e propria ingiustizia che pesa su compensi, spesso, già miseri. Parliamo, infatti, di redditi che, in media, si attestano complessivamente intorno ai 9.752 euro e vanno dai 6.770 euro delle donne ai 13.350 euro degli uomini. Riconoscere un'equa ripartizione dell'aliquota per questi lavoratori consentirebbe di recuperare, sempre in media e al lordo dell'effetto fiscale, tra i 123 e i 242 euro in più all'anno”.

La seconda questione che va al più presto sanata, anche perché in materia ci sono già sentenze favorevoli della magistratura del lavoro, secondo i sindacati, è quella del cosiddetto ‘automatismo delle prestazioni’ a favore di quei lavoratori della Gestione separata, ai quali non siano stati versati i contributi dal committente. “In sostanza, oggi, se i contributi non vengono versati dal committente, per quel periodo, i collaboratori non possono accedere alle prestazioni sociali (ad eccezione dell'indennità di maternità), né alla contribuzione previdenziale. Non riteniamo giusto che sia il collaboratore a rispondere dell’omissione contributiva, destinata a pesare anche sulla futura pensione, laddove l'Inps, per svariate ragioni, non riesca a recuperare il credito contributivo omesso. Governo e Parlamento con la prossima legge di Bilancio hanno l'occasione di ristabilire un principio di equità fra lavoratori oltre che di civiltà giuridica. Per quanto ci riguarda in assenza di risposte continueremo a batterci per affermare, anche per via giudiziaria, questo sacrosanto diritto”.

"Gli interventi adottati non bastano, perché all'incertezza lavorativa e di reddito si aggiunge, già oggi, l'incertezza futura di poter ricevere una pensione adeguata”, concludono Felsa, Nidil e Uiltemp, lanciando poi un appello al governo: “È fondamentale intervenire ora, senza ulteriori rinvii, per disinnescare quella che potrebbe diventare una vera e propria bomba sociale. La soluzione si chiama ‘pensione di garanzia’ per tutti quei lavoratori discontinui, con carriere lavorative fragili e povere in termini di reddito e di contributi. Crediamo che questa debba essere una delle priorità di questo governo quando, auspichiamo al più presto, si affronterà il capitolo previdenza”.