Garanzia Giovani entra nel vivo, scrivono nel report settimanale del ministero, che riporta puntualmente i dati relativi al monitoraggio del programma. Cosa significa questo “entrare nel vivo” lo vedremo tra poco. Ora occupiamoci dei dati. A poco più di due mesi dall’inizio del programma europeo le iscrizioni al portale sono state 110.333. Un risultato certamente importante, ma non sufficiente, data la platea dei possibili beneficiari.

La provenienza geografica (residenza) dei giovani iscritti al programma, mostra che la maggior parte di loro risiede in Campania e Sicilia e ciò non stupisce, vista la mole di giovani Neet (coloro che non studiano, né sono in percorsi di formazione, né lavorano) presenti nelle due regioni. Un dato altrettanto significativo riguarda la regione scelta. Le adesioni “interne” (la scelta da parte del giovane della regione di residenza) sono 106.803, contro le 37.433 adesioni “esterne”. Le regioni che hanno ricevuto il maggior numero di adesioni da giovani non residenti sono la Lombardia, il Lazio, l’Emilia Romagna e la Toscana. Sappiamo inoltre che il 53 per cento delle registrazioni ha interessato uomini, mentre in termini di età troviamo altri dati interessanti, visto che il 50 per cento delle registrazioni ha coinvolto soggetti di età compresa tra i 19 e i 24 anni, il 45 giovani dai 25 ai 29 anni e il 5 per cento dai 15 ai 18 anni.

Possiamo dunque già affermare che l’innalzamento della soglia agli under 30, fortemente richiesta dalla Cgil, sia stata una modifica davvero importante, nonostante il diktat della raccomandazione europea. Del resto, i numeri parlano chiaro, i dati sui Neet italiani nella fascia 25-29 anni sono drammatici al pari di quelli della fascia 15-24. Anche in termini di titolo di studio troviamo dati interessanti: i giovani registrati sono così suddivisi: il 19 per cento ha conseguito una laurea, il 56 risulta essere diplomato, mentre il rimanente 25 per cento ha un titolo di studio di terza media o inferiore. Si conferma dunque che l’accesso alle informazioni condiziona fortemente l’iscrizione al programma e che il titolo di studio in questo senso ha ovviamente un’incidenza positiva. Purtroppo, infatti, il dato degli iscritti con titolo di studio di terza media o inferiore è sottodimensionato rispetto alla stessa platea, che, ricordiamolo, raggiunge il 40 per cento del totale dei possibili beneficiari.

Su questo aspetto ci sarà molto da lavorare, visto che la comunicazione dei canali ufficiali del ministero non basterà e, come abbiamo sempre sostenuto, sarà compito della collettività e in particolare del mondo sindacale e dell’associazionismo, in particolare di quello giovanile e studentesco, farsi carico della diffusione capillare delle informazioni. In termini di risposta dei Centri per l’impiego, sappiamo che 10.241 giovani sono stati già chiamati dai servizi per il lavoro per il primo colloquio e la profilazione, ovvero la costruzione di un profilo personale in base al quale potranno essere tracciati percorsi individuali differenziati per ciascuno degli aderenti al programma. Sappiamo infine che sul portale ci sono 2.743 occasioni di lavoro o presunte tali (spiccano molti tirocini e non meglio identificate collaborazioni), per un totale di posti disponibili pari a 4.068.

Accanto a questi dati il ministero riporta pedissequamente gli accordi di partenariato sottoscritti con le associazioni datoriali, da Confindustria all’Alleanza delle cooperative, passando per Cna, Confcommercio, Confesercenti, Cia, Abi, Unipol ecc. L’obiettivo del coinvolgimento del mondo imprenditoriale è ovviamente riconosciuto da tutti come prioritario per incrementare le opportunità di lavoro e formazione per i giovani. Senza sbocchi nel mercato del lavoro, la Garanzia Giovani si disperderebbe in assistenzialismo, questo è chiaro.

Questi sono i dati. Meglio di niente, potremmo dire. Ma non lo diciamo. Perché sappiamo quanto la Garanzia Giovani sia una scommessa per tutti. “Se non trovano lavoro i giovani, l’Italia è finita”, ha dichiarato l’altro giorno il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Concordiamo e, in questo senso, la Garanzia Giovani è l’unico elemento di discontinuità nella politica italiana, che, negli ultimi anni, ha utilizzato il mantra della disoccupazione giovanile e della difficoltà nell’accesso al lavoro dei giovani soltanto per giustificare leggi che hanno precarizzato ulteriormente il lavoro senza beneficio alcuno per l’economia e la società. La Garanzia Giovani quindi è una politica davvero in controtendenza in questo senso, che però immette benzina (1,5 miliardi di euro in un anno e mezzo) dentro una macchina fortemente compromessa, quella dei Centri per l’impiego e più in generale del sistema dei servizi per il lavoro in Italia. Quindi, la prima cosa che viene da dire, ripartendo dai dati (solo 10.000 colloqui fatti a fronte delle oltre 100.000 iscrizioni) è che la macchina deve essere rimessa a nuovo.

Come possiamo pensare altrimenti di poter chiamare a colloquio tutti i giovani che si iscriveranno al programma? Come possiamo immaginare una presa in carico da parte dei Cpi e una profilazione adeguate, oltre che percorsi di orientamento specialistico individuali? Sono tutti interrogativi irrisolti, di cui la legge delega, il cosiddetto Jobs Act, dovrebbe occuparsi, visto che in essa è contenuta la riforma e il rilancio proprio dei servizi per l’impiego. Pubblici, immaginiamo (noi, almeno, ci batteremo per questo). E poi c’è il lavoro che manca, le opportunità che languono, una politica industriale frammentata e spesso assente.

È importante continuare a sottolinearlo, visto che a giudicare dal portale garanziagiovani.gov.it le offerte, oltre che poche, non sembrano sempre all’altezza della parola lavoro. L’80 per cento è rappresentato da contratti a tempo determinato e, dopo il decreto Poletti, era francamente difficile immaginare qualcosa di diverso, vista la convenienza della stipulazione di contratti a termine privi di alcuna giustificazione. Non che i dati dell’accesso al mercato del lavoro prima del decreto fossero molto diversi, ma scambiare la soluzione con il problema è veramente eccessivo. Il nostro paese ha bisogno di lavoro, lavoro vero e il Piano del lavoro della Cgil propone la giusta direzione da seguire in questo senso.

Noi abbiamo il dovere di provare a rilanciarlo, a partire dalle sperimentazioni dei piani territoriali per la creazione di occupazione giovanile, cercando di unire metodo e merito, attraverso processi partecipati e partecipativi e proposte concrete che sappiano creare lavoro rispondendo alle esigenze di ciascun territorio. Il tutto, ovviamente, dentro la cornice di uno sviluppo sostenibile che sappia rispondere anche a un liberismo sfrenato e a un’economia sempre meno legata alla realtà e sempre più regolata dai mercati finanziari. Ma i dati ci dicono anche di un ritardo pazzesco. Il ritardo colpevole di un paese che non è ancora riuscito a offrire a chi ne ha più bisogno un’opportunità di attivazione.

Molti oggi continuano a scambiare la Garanzia Giovani con una nuova forma di bonus occupazionale e l’assenza di proposte di lavoro come l’unico dato di monitoraggio della misura. Noi ci opponiamo a questa versione miope delle politiche attive del lavoro e della Garanzia Giovani. La scommessa della Garanzia Giovani è in primis quella di attivare una o più generazioni perdute e scoraggiate. Per questo i 100.000 giovani iscritti al programma sono il primo degli scogli da affrontare. Perché sono pochi, in primo luogo, e perché siamo già in ritardo di 7 mesi sul progetto iniziale (la Garanzia doveva partire dal 1° gennaio 2014). Ma soprattutto perché il vero monitoraggio sarà molto complesso e passerà dall’analisi delle ricadute in termini di sistema, di ogni singola azione messa in moto dal programma.

Gioire per 100.000 giovani iscritti o deprimersi per i soli 2.000 posti di lavoro (con qualche tirocinio) è fuorviante. Ripeto, abbiamo messo benzina in una macchina rotta. Adesso sta a noi riparare la macchina per andare lontano, offrendo un’opportunità vera di attivazione, inserimento e reinserimento ai giovani che si iscriveranno al programma. Altrimenti, il motore si surriscalderà. E il problema non sarà soltanto quello di aver sprecato un’opportunità.

* responsabile delle politiche giovanili per la Cgil nazionale