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"C'è una vistosa lacuna nel piano del governo su Industria 4.0. Mentre si è lavorato molto sugli incentivi per sostenere l'innovazione, nulla, finora, si è fatto per valutare le ricadute sulle condizioni lavorative di centinaia di migliaia di addetti". Così Ivana Galli, segretaria generale della Flai Cgil, alla vigilia di un convegno su formazione e competenze per l'industria 4.0 durante il quale saranno illustrati i dettagli di uno studio condotto tra la fine del 2016 e marzo 2017 che ha coinvolto 1.300 lavoratori e 200 aziende. Appuntamento venerdì 12 maggio a Roma, presso il centro Congressi Cavour. "Formazione e Competenze per l'Industria 4.0 nell'Agroalimentare" è il tema dell'evento organizzato da Federalimentare, Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil che si terrà dalle 9.30 alle 13.
"Ogni trasformazione importante nel processo produttivo – osserva l'esponente della Flai – può avere due conseguenze: una negativa con l'allontanamento in massa dal lavoro delle professioni più deboli o meno compatibili con l'innovazione, l'altra una valorizzazione del lavoro che acquisisce nuove competenze in un rapporto positivo con la digitalizzazione e l'automazione intelligente. Secondo noi è da prediligere questo secondo scenario, ma per ottenere questo risultato è necessario uno straordinario piano di formazione continua che, accompagnando l'innovazione, garantisca: alfabetizzazione digitale di massa (l'età media dei nostri lavoratori supera i 45 anni), difesa delle professioni più vulnerabili, formazione e l'accrescimento di nuove competenze ed abilità. Solo così il settore agroalimentare sarà sempre più in condizione di competere, in tutto il mondo, non sul costo del lavoro, ma sulla qualità delle produzioni del made in Italy. Ai ministri dello Sviluppo e del Lavoro vorrei dire di tenere in debito conto questa sollecitazione che viene unitariamente dalle parti sociali nazionali del secondo settore manifatturiero del paese, un settore ormai da qualche anno leader nelle esportazioni in tutto il mondo"
Tra gli altri risultati dell'indagine, emerge che laddove le iniziative aziendali sono integrate con una puntuale analisi del fabbisogno formativo e con l’erogazione di una formazione di qualità, i risultati raggiunti sono estremamente rilevanti. Un lavoro degno di nota per un settore che ha dimostrato, anche durante la crisi, una grande capacità di tenuta, chiudendo il 2016 con un’inversione di tendenza: la produzione alimentare ha messo a segno un +1,1%, il migliore incremento dal 2010, e l’export ha raggiunto quota 30 miliardi di euro. Misure come quelle introdotte dal piano nazionale Industria 4.0 potranno contribuire ulteriormente al rilancio della competitività delle imprese e alla trasformazione tecnologica del sistema produttivo alimentare, grazie alla previsione di incentivi fiscali per gli investimenti privati a sostegno delle aziende che innovano. Affinché ciò possa avvenire sarà necessario affiancarvi l’attuazione di un programma di attività formative su tre ambiti di intervento: alfabetizzazione digitale di massa; difesa delle professioni più vulnerabili; formazione e accrescimento di nuove competenze e abilità. In tal senso Fondimpresa svolge un compito estremamente strategico per il futuro del Paese.
Il 12 maggio si affronterà, in particolare, il tema delle competenze professionali e tecniche capaci di rispondere all’evoluzione della domanda delle imprese in ottica 4.0. Oggetto del convegno sarà il ruolo chiave della formazione continua, quale efficace strumento di coordinamento delle politiche volte a soddisfare i fabbisogni emergenti e ad alimentare il processo innovativo. Ne parleranno, in ordine di intervento, il consigliere incaricato delegato per l'Industria 4.0, innovazione e sostenibilità di Federalimentare, Aurelio Ceresoli, l’ad e presidente di Torino Nord Ovest Annalisa Magone e il ricercatore dell’Inap – che ha seguito l’elaborazione del repertorio delle competenze e qualificazioni professionali – “Atlante Lavoro” Riccardo Mazzarella. Concluderà i lavori il presidente di Fondimpresa Bruno Scuotto.