Gli stipendi degli uomini sono maggiori di quelli delle donne, ben il 35,5 per cento in più. Nei settori del commercio, servizi e terziario è così. A denunciare questo squilibrio nelle retribuzioni è Maria Grazia Gabrielli, segretario generale della Filcams Cgil, in un’intervista apparsa mercoledì 15 luglio sul quotidiano L’Unità. “Per contratto – spiega – uomini e donne dovrebbero prendere lo stesso stipendio. In realtà, secondo un nostro studio, la forbice retributiva è del 35,5 per cento. Per non parlare del part time involontario, che costringe le donne ad avere, oltre alla povertà retributiva, una pensione da fame”.

In Europa il gap salariale è del 16 per cento, ma nel nostro paese la differenza è più ampia
. E non è l’unica distanza tra uomini e donne. “A parte la differenza nel tasso di occupazione femminile totale, che è più basso di quasi i1 15 per cento rispetto alla media continentale, nei nostri settori la presenza femminile è molto alta: si va dal 40 per cento nei servizi al 55 dell’alberghiero e addirittura al 70 nei servizi pubblici e privati (come le pulizie). Ebbene, in questi settori le donne che riescono ad accedere a posizioni dirigenziali sono solo i1 10 per cento”.

Nell’intervista Gabrielli sottolinea come le donne abbiano peggiori prospettive “di vita retributiva e, di conseguenza, pensionistica”, a causa del loro “ingresso nel mondo del lavoro più ritardato e soprattutto molto più precario”. Altro elemento controverso è il part-time, molto utilizzato dal personale femminile. “In Italia – illustra la segretaria generale Filcams Cgil – il part time non è un opportunità fornita alle donne per poter conciliare la cura dei figli, ma è una condizione data, se non una costrizione. È l’unico modo per entrare nel mondo del lavoro perché le imprese di questi settori hanno una struttura che poggia proprio su questo tipo di contratti, in molti casi per risparmiare sul costo del lavoro. In più, nei settori dei servizi pubblici e privati la spending review e i tagli al welfare stanno producendo un’ulteriore riduzione dell’orario di lavoro per le donne”.

La Filcams è impegnata a inserire nella contrattazione elementi che favoriscano la parità tra uomini e donne. “La battaglia principale – conclude Gabrielli – è quella per incrementare l’orario di lavoro dei contratti part time, cercando di ridurre la quota di part time involontario. In alcuni contratti integrativi siamo riusciti a tenere assieme le esigenze delle imprese con quelle delle lavoratrici”. Un esempio ottimo, aggiunge, era il contratto Ikea, ma “ora l’azienda lo ha disdetto in maniera unilaterale. Alla Coop Adriatica e in alcuni territori con la Carrefour recentemente abbiamo spuntato buone condizioni sia sui part time sia per la conciliazione dei tempi di vita. Ma di strada da fare ce n'è ancora tantissima”.