Per il mondo del lavoro in Friuli Venezia Giulia il 2018 è un anno che incomincia con “premesse migliori rispetto agli anni passati”, perché ci sono “importanti segnali di recupero sia in termini di occupati che di minore ricorso agli ammortizzatori sociali”. Eppure “permangono molti elementi critici, in particolare quelli relativi alla qualità del lavoro, al livello delle retribuzioni e a quei lavoratori in esubero, dai 3 ai 4mila, che nel corso di quest’anno si troveranno senza lavoro e senza ammortizzatori sociali”. È questo il giudizio della Cgil sulla situazione economica e occupazionale del Friuli Venezia Giulia, espresso dal segretario regionale Villiam Pezzetta.

Recupero
Il picco vicino ai 510mila occupati raggiunto nel 3° trimestre e un calo della cassa integrazione che sfiora il 70%, scrive Pezzetta, “rappresentano il primo vero segnale di un’inversione di tendenza da quando è scoppiata la crisi”. Altro aspetto positivo è il calo del tasso di disoccupazione al 6,6%, frutto di una “riduzione effettiva del numero di disoccupati, scesi a quota 36mila contro gli oltre 40mila del 2016”, e non di una minore propensione a cercare lavoro, “propensione che è anzi tornata ai livelli pre-crisi”. Leggendo più approfonditamente i numeri, però, la Cgil si accorge che cresce in modo preoccupante l’area del lavoro povero, “anche perché i settori dove l’occupazione cresce sono anche quelli dove questa è più precaria per tipologie contrattuali, più discontinua in termini di orari, meno tutelata, meno retribuita”.

Emergenza appalti
Il recupero occupazionale del 2016 è però da ascrivere in buona parte al terziario, mentre l’industria, pur incominciando a dare segnali di tenuta, ha perso 17mila occupati rispetto al periodo pre-crisi. Dietro alla crescita del terziario c'è anche un ricorso sempre più spinto agli appalti, frutto di politiche sempre più marcate di esternalizzazione, sul versante dei servizi pubblici, e di destrutturazione del processo produttivo sul versante privato. “È proprio in quest’area – afferma Pezzetta – che si concentra maggiormente il lavoro povero, sfruttato e sottopagato. Un’emergenza che riguarda anche quelli pubblici, dove sono almeno 20mila, dalle pulizie e mense fino alle case di riposo e ai ricreatori, i lavoratori costretti a vivere con paghe lorde tra i 7 e gli 8 euro l’ora e stipendi di poche centinaia di euro, compressi sotto ai livelli di sussistenza anche dal basso numero di ore lavorate”. Da qui il rinnovato appello della Cgil per la definizione di un protocollo regionale sugli appalti che coinvolga tutte le pubbliche amministrazioni, volto a vietare le gare al minimo ribasso e a fissare regole che migliorino le condizioni di lavoro in tutto il settore pubblico allargato. Un tema, questo, che la Cgil intende lanciare con forza in vista della campagna elettorale verso il voto regionale.

La forbice si allarga
“La crescita del lavoro povero – sostiene ancora Pezzetta – è uno degli effetti più nefasti di una crisi che ha accentuato in modo sensibile gli squilibri nella distribuzione del reddito, allargando la forbice tra ricchi e poveri. Proprio per questo, e nonostante la risalita dell’occupazione, crediamo che solo il varo di nuove misure redistributive, a partire dalla riduzione della pressione fiscale sul lavoro e da un forte impulso alla lotta all’evasione, possa garantire a questo Paese una vera ripresa, rimettendo in moto l’ascensore sociale e regalando speranze ai giovani, che arrivano troppo tardi al mercato del lavoro e a costruirsi concrete prospettive di indipendenza economica e familiare”.

I settori
Quanto all’analisi dei diversi settori dell’economia regionale, i segnali più incoraggianti arrivano dall’agroalimentare, dal comparto allargato della logistica, “dove la crescita del sistema portuale rappresenta uno degli asset più importanti per la crescita del Fvg”, da nicchie di qualità come il biomedicale, ma “permangono fattori critici in alcuni segmenti di comparti chiave come il legno e l’industria metalmeccanica, come ad esempio il settore della componentistica, sintomi evidenti – conclude Pezzetta – di una ripresa tuttora precaria e a macchia di leopardo”.