“Il sindacato confederale per essere forte deve essere unito. La sfida che abbiamo di fronte oggi è costruire unita di azione su quello che condividiamo, a partire da tre temi: fisco, pensioni e Sud”. Oggi, complice la crisi e l’attacco al sindacato, “ne abbiamo un po’ più bisogno di prima”. Il segretario generale della Cisl, Anna Furlan, parlando alla conferenza di organizzazione della Cgil raccoglie e rilancia l’invito giunto da Corso Italia a costruire un percorso comune: “Su questi argomenti possiamo fare un ragionamento unitario. Insieme alla contrattazione, rappresentano la sfida che abbiamo di fronte, la nostra capacità di fare proposte per il bene del paese”. 

Perciò “vale la pena di provarci sino in fondo, trovando elementi che uniscono nel rispetto reciproco: è una bella lezione di come si sta insieme, di come si costruisce insieme per il paese”. Un percorso tanto più necessario, ribadisce Furlan, nel periodo storico in cui il sindacato confederale è considerato scomodo: “Gli attacchi sono evidenti. Non esistono i megastipendi della Cisl, abbiamo un regolamento con sanzioni e garanzie di trasparenza totale. Il ruolo del sindacato confederale oggi è essenziale: non abbiamo altri soggetti in grado di creare un paese un po’ più giusto ed equo, dove il lavoro non sia vissuto solo in termini negativi ma torni a essere elemento di solidarietà e partecipazione”.

Per fare tutto questo, “il nostro impegno è anzitutto a cambiare l’Europa”, precisa la dirigente sindacale: “È la prima grande sfida per determinare il cambiamento, in questa Europa sempre più populista, vecchia, razzista, che risponde solo ai bisogni della finanza. L’Europa che respinge i migranti, non accoglie chi scappa dalla guerra”. Occasione straordinaria sarà il prossimo congresso della Ces: “Il sindacato europeo è troppo lento e burocratizzato, dobbiamo iniziare una vera grande battaglia per costruire davvero gli Stati Uniti d’Europa sulla base della solidarietà e per cancellare il fiscal compact, ovvero la negazione della solidarietà economica”. Lottare per un’Europa che non metta in discussione i contratti nazionali: “Sono sempre più spesso sostituiti da altre forme, importanti certo, ma prive delle coperture dei contratti nazionali. Riformare la contrattazione è lo strumento vero per salvaguardare nel nostro paese il contratto nazionale, non il contrario".

"Il tema - ha concluso - non è una legge che garantisca il salario minimo, è invece come riusciamo noi, attraverso la contrattazione, a rappresentare chi è fuori dai contratti nazionali e non c’è modo migliore per farlo che rinnovandoli davvero. Per questo abbiamo detto a Confindustria che i tavoli aperti devono andare avanti e devono essere chiusi. E chiediamo al governo due impegni: il rinnovo dei contratti pubblici come datore di lavoro, meno fisco a partire dai contratti di solidarietà”.