“La montagna ha partorito il topolino”. È lapidario il commento di Giorgio Airaudo, segretario Fiom e responsabile del settore auto del sindacato di Corso Trieste, sul vertice tra il governo e la Fiat – sabato 22 settembre, ricordiamo – intorno alle prospettive del gruppo automobilistico dopo l’addio a Fabbrica Italia. Parole chiare, risultato di una preoccupazione ormai largamente diffusa: per la vaghezza delle conclusioni dell'appuntamento di Palazzo Chigi, per il futuro della casa (un tempo) torinese. “Un impegno deve essere fatto di prodotti, investimenti, allocazione degli stessi, occupazione prevista – osserva il dirigente Fiom –. Ma niente di tutto questo è scaturito dall'incontro. Un’occasione mancata”.

Rassegna Il quadro, dunque, rimane nebuloso.

Airaudo
Il comunicato finale l’abbiamo letto tutti. Fiat dice che resterà nel nostro paese. Ma si tratta solo di generiche assicurazioni, niente di più. Un passo indietro anche rispetto a Fabbrica Italia…

Rassegna
che al di là dei numeri, dei 20 miliardi di euro promessi, non era proprio il massimo della chiarezza. Cosa rimproverate al governo?

Airaudo Mi sarei aspettato la richiesta di anticipare i nuovi modelli – oltre alla curiosità di conoscere il pensiero del sindacato – e di verificare se ci sono altri produttori disposti a venire da noi; il Corriere della Sera ne ha parlato e riparlato.

Rassegna
L’ipotesi Volkswagen…

Airaudo Già, la Volkswagen. Che poi potrebbe non essere il solo produttore interessato.

Rassegna Sareste favorevoli?

Airaudo L’auto è una risorsa strategica: per il lavoro, per la ricerca e sviluppo, per l’Italia. La Fiat deve dire cosa può fare; se quel che può fare non basta, bisogna aprire ad altri produttori. Il paese ha il dovere di difendere il pensiero, e il lavoro, accumulati nell’automotive. Qui c’è una storia, un patrimonio, che va difeso: con la Fiat e oltre la Fiat.

Rassegna L’obiezione è la crisi: un mercato, parliamo di quello europeo, afflitto da sovracapacità produttiva. I nuovi modelli, sostiene Marchionne, sarebbero oggi un rischio troppo grande.

Airaudo Questo discorso per cui nei momenti di crisi non si deve investire non mi convince. Penso che dietro ci sia solo una preoccupazione finanziaria; un assillo che finisce con il mortificare quello che invece dovrebbe essere il compito della Fiat: fare automobili...

Rassegna ... tener fede alla vocazione di gruppo industriale. Intanto, in attesa degli eventi, e sperando che l’onda della crisi cominci prima o poi a ritirarsi, c’è la questione degli ammortizzatori.

Airaudo Trovo clamoroso che nel comunicato non se ne parli.

Rassegna È stata la cassa integrazione in deroga, si è detto, il convitato di pietra dell’incontro di Palazzo Chigi.

Airaudo Non sarebbe una bella soluzione. Dobbiamo aiutare la Fiat ad andarsene dall’Italia? Utilizzare a questo scopo la fiscalità generale? Il problema non è come rendere meno traumatico l’abbandono. Il problema è quanto lavoro la Fiat porta qui da noi. Quindi come ridurre, e in maniera forte, la cassa integrazione, come raddoppiare la produzione. Vorrei ricordare che oggi, negli stabilimenti italiani, siamo scesi a 400mila auto. Numeri per i quali basterebbe un solo stabilimento. È questo il problema immediato cui mettere mano.

Rassegna La promessa di Fabbrica Italia – 2009-2010, sembra un secolo fa – era di un milione e 400mila vetture.

Airaudo Lasciamo stare, meglio non parlarne. Ma raddoppiare i volumi non credo sia un obiettivo irrealistico. Se si mettono in campo idee nuove, ovviamente. Marchionne è ritornato su quella dell’export verso gli Usa, non mi sembra una soluzione.

Rassegna Passiamo al sindacato. Non ha dato nulla, Fabbrica Italia, in fatto di lavoro – neanche a Pomigliano, l’unico stabilimento che ha visto delle novità –, molto ha sottratto in tema di diritti – ovunque, non solo a Pomigliano –, provocando nel contempo una dannosissima contrapposizione tra i sindacati. Adesso? Di fronte al fallimento di Fabbrica Italia, e a un futuro quanto mai incerto, riprenderà un dialogo?

Airaudo Le ferite sono profonde. Ci sono le cause aperte – e arriveremo anche alla Corte costituzionale –; c’è la questione dei 145 iscritti Fiom di Pomigliano non ancora riassunti e quella mai risolta dei delegati di Melfi che sono pagati ma restano fuori. Ancora, e più in generale, un rinnovo contrattuale che ci vede esclusi dal tavolo. Non si può non vedere, però, che la realtà è cambiata, che la Fiat non ha mantenuto gli impegni. Dobbiamo tornare a dicutere: tutto il sindacato è chiamato ad affrontare l’emergenza, il rischio che l’auto scappi via dall’Italia.

Rassegna E che le Fiat lasci mettendo allegramente da parte le sue responsabilità nei confronti del paese. Non sembra sia questa, però, la preoccupazione più grande del Lingotto. Marchionne si muove un po’ come un corsaro: arriva, conquista, depreda, neanche un riposino alla Tortuga per prender fiato, e subito il vascello da un’altra parte – anche se non è il solo manager, oggi, a intendere in tal modo il proprio mestiere –.

Airaudo Diciamo che in tutta questa vicenda è la spregiudicatezza dei comportamenti a colpire: il fare disinvolto della proprietà e con essa, appunto, di Marchionne. Prendiamo il tema del sostegno pubblico. È stato chiesto ovunque – ottenendolo – tranne che in Italia. Qui si è esibita l’autosufficienza: non abbiamo bisogno di nessun aiuto. Un modo per avere mano libera, per scaricare poi tutto sui lavoratori, addossando loro la responsabilità – qualora non avessero accettato le condizioni aziendali – dell’abbandono dell’Italia.

Rassegna Mentre il governo Berlusconi guardava soddisfatto.

Airaudo Non è mai intervenuto, se non con l’obiettivo di usare la Fiat, penso al ministro Sacconi, per dividere il sindacato. Il solo problema era mettere nell’angolo la Cgil.

Rassegna Come si poteva intervenire?

Airaudo Con un prestito, perché no? In cambio di un impegno concreto.

Rassegna Un’operazione simile a quella realizzata negli Usa da Obama?

Airaudo Certo. In questo modo avremmo avuto anche la possibilità di influenzare le politiche europee. Così non è stato e oggi ci ritroviamo con un’azienda che ha un piede fuori di casa.

Rassegna Adesso?

Airaudo Vedremo innanzitutto cosa il governo, nell'appuntamento di mercoledì 26, avrà da dirci. Insieme è decisivo – ripeto – che si torni a discutere: tra di noi, tra i sindacati, e con i lavoratori.