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“I dati dei primi dieci mesi di quest'anno dicono che le posizioni di lavoro sono cresciute nel 2016 di 479.000 unità. Di queste, però, ben 414.000 sono a tempo determinato. Si tratta di un lavoro instabile e precario che, come sappiamo dalle comunicazioni obbligatorie, ha termini molto rapidi, poche settimane o pochi giorni. A questo si aggiunge l'enorme fenomeno dei voucher: ne sono stati venduti 121 milioni, un aumento sullo scorso anno del 32%. E se andiamo al 2014, l'incremento è addirittura del 127%”. A dirlo è il presidente della Fondazione Di Vittorio Fulvio Fammoni intervistato da RadioArticolo1.
Chi, come il responsabile dell'economia del Partito democratico Filippo Taddei, sottolinea la riduzione della disoccupazione, “non tiene conto dell'effetto 'droga' che nel corso del 2015 hanno avuto gli incentivi", osserva Fammoni: "L'unica occupazione che cresce davvero è quella degli ultracinquantenni e solo per effetto della riforma Fornero. Anche se guardiamo all'Europa l'andamento del lavoro è migliore di quello italiano per quanto riguarda i giovani e la disoccupazione. Noi abbiamo mediamente fra i due o tre punti di disoccupazione in più rispetto alla media. Sappiamo però che da noi c'è una parte inattivi che non viene censita, tanto è vero che il nostro tasso di occupazione è fra i più bassi del continente”.
Tornando ai voucher, prosegue il dirigente sindacale, “penso che per come è stata annunciata la stretta da parte del ministro Poletti cambierà pochissimo, ma dal mese prossimo saremo in grado di fare una verifica anche su questo". Nel frattempo aumentano i licenziamenti per giusta causa e per giustificato motivo. “Per chi prima era protetto dall'articolo 18 si tende a banalizzare dicendo che 60mila licenziamenti sono pochi. Per me sono tantissimi. Ma quello che fa impressione è l'aumento percentuale rispetto all'anno scorso, 27%". Proprio i voucher – insieme ai licenziamenti individuali – sono al centro dei tre referendum promossi dalla Cgil. Il terzo riguarda gli appalti, “perché dietro a questi numeri c'è anche il mancato rispetto delle clausole sociali. Sono tre interventi molto specifici ma che, come si vede dai numeri che vengono dati dall'Istituto di previdenza, intervengono su alcuni dei punti più acuti che gli interventi legislativi di questi anni hanno provocato”.
In un quadro del genere, conclude Fammoni, “abbiamo un legge di stabilità particolare fatta per assecondare una campagna referendaria, con tantissimi interventi spot che avere anche qualche effetto positivo, ma in realtà non danno all'economia del Paese un segno vero di cambiamento. Quello che manca in Italia è un intervento di carattere industriale e di sviluppo coordinato e preciso. Il governo deve azionale la leva di una crescita d'investimento pubblico che produce lavoro”. Infine, per quanto riguarda l'Europa e la tenuta dei conti, serve un salto di qualità: “Gli investimenti produttivi, certificati e verificabili devono essere esclusi dal Patto di stabilità, questo bisogna fare per l'evoluzione del fiscal compact nel prossimo futuro e d'altronde sarà pur necessario intervenire come si è fatto ieri di fronte alla situazione di tanti correntisti delle banche”.