Il dramma dei 130.000 piccoli risparmiatori che avevano obbligazioni presso Banca Etruria, Carichieti, Carife e Banca Marche, le banche fallite e salvate dal Governo per decreto. È il tema dell’intervista ad Agostino Megale, segretario generale della Fisac, andata in onda stamattina a Italia parla, la rubrica quotidiana di Radioarticolo1.

“Innanzitutto – ha osservato il dirigente sindacale –, ricordiamo che tre delle quattro banche in questione erano già indagate dalla magistratura per responsabilità dei top manager. Poi non si capisce perché il Governo non ha avuto la capacità di essere all’altezza della situazione nei confronti dell’Unione europea, che ha considerato aiuto di Stato il fondo di garanzia interbancario, pagato da tutte le banche. Ad ogni modo, il decreto del Governo, sia pur tardivo, ha scongiurato guai peggiori per la maggior parte dei correntisti di quelle banche e per gli stessi dipendenti di quegli istituti. Ci si dimentica che le responsabilità di tutta la faccenda sono di quei banchieri che per interessi speculativi personali hanno portato quelle realtà al disastro, mettendo a rischio oltre un milione di clienti. E alla fine tutto è ricaduto sui risparmiatori con conti correnti oltre i 100.000 euro con obbligazioni ordinarie”.

“È fuor di dubbio – ha spiegato l’esponente Cgil – che se gran parte dei banchieri coinvolti è finita sotto inchiesta, lo si deve al fatto che la Banca d’Italia, dopo molte ispezioni, ha ritenuto di rimuovere i Consigli d’amministrazione di quelle banche, passando a una gestione commissariale, proprio perché imputabili di mala gestione e fenomeni di corruzione. Molti hanno accusato i lavoratori di quelle banche che hanno venduto le obbligazioni, risultate fatali per i risparmiatori. Chi dice questo non ha capito niente, perché le obbligazioni vengono emesse dalla banca e il lavoratore svolge la sua attività sulla base delle informazioni che gli istituti di vigilanza presuppongono. Se poi vogliamo dire che non si può chiedere ai lavoratori, come hanno fatto le banche, di vendere più prodotti possibili per guadagnare il più possibile, e che non si può immaginare di spiegare a un pensionato tutte le avvertenze e le precauzioni sulla pericolosità dei prodotti venduti, sono d’accordo e penso sia necessaria una riforma semplificativa per limitare la vendita di determinati prodotti e far sì che tutto avvenga con un’informazione trasparente. Però, non dimentichiamoci che quelle stesse obbligazioni sono state emesse anche dal 2005 al 2007, anni in cui l’economia tirava e i tassi di rendimento non erano quelli attuali”.

“Stiamo operando affinché, dopo aver salvato gli istituti di credito, i posti di lavoro e un milione di clienti – ha continuato il segretario della Fisac –, il Governo produca una correzione del suo decreto emesso all’interno della Legge di stabilità. Una sorta di clausola sociale di tutela dei 130.000 risparmiatori che hanno perso complessivamente 700 milioni. L’esecutivo parla di un intervento pari a 100, noi pensiamo che serva qualcosa di più, un salvataggio del 30% dei risparmi, assieme a un’attenzione maggiore alle condizioni sociali degli investitori. Più in generale, anche alla luce di quest’ultima vicenda, dopo quelle di Montepaschi e delle Bcc, credo sia opportuno riprendere il confronto sul sistema bancario al servizio del Paese, della ripresa produttiva, dell’occupazione e dei risparmiatori. Sulla falsariga di altri paesi, dove il sistema delle banche è sovvenzionato con i soldi dei contribuenti, è necessario che anche l’Italia adotti un modello bancario più efficace e trasparente, che metta al centro gli interessi dei risparmiatori. L’occasione arriverà il 1° gennaio, quando il nostro Paese recepirà la direttiva Ue sul salvataggio delle banche, il cosiddetto bail in, su come gestire e risolvere le crisi bancarie”.

“Attenzione adesso al commissariamento dei quattro istituti – ha concluso Megale –, perché c’è il rischio di una fuga generalizzata dei clienti e di una ricaduta negativa sul mercato. Alcune forze politiche - vedi Lega, Movimento 5 stelle - hanno contestato il decreto del Governo, lanciando parole di fuoco che non fanno che aggravare il quadro, senza peraltro proporre nulla in alternativa. Penso, invece, che bisogna rimboccarsi le maniche, sapendo che il nostro sistema bancario rimane più solido di quello di altri paesi, e ricordando che esistono anche altre situazioni difficili, come quelle di Veneto banca e Popolare vicentina, dove un’azione pagata a suo tempo 37 euro oggi ne vale 7; se moltiplichiamo tale cifra per tutti gli azionisti, si capisce che la perdita reale è stata superiore a quella dei piccoli risparmiatori delle quattro banche salvate oggi dal Governo. Nel 2008, prima della crisi, il sistema bancario valeva 220 miliardi, ora non supera i 150, quindi con una perdita totale di mercato enorme. I prodotti a rischio sono pari a 70 miliardi, circa il 10% dell’attività complessiva in derivati. Ciò vuol dire che 120 miliardi vanno suddivisi tra investitori istituzionali e risparmiatori retail, famiglie e imprese. Di fronte a un panorama del genere, Bankitalia e Consob devono fare due cose: la prima, immaginare una lista di prodotti vietati, che non si possono vendere, perché troppo a rischio; la seconda, che le spiegazioni di ogni prodotto in vendita siano semplici, chiare e concise, alla portata di tutti”.