I dirigenti scolastici sono sul piede di guerra. Da un lato il governo “li indica come figure centrali per la riforma della scuola, dall’altro taglia le loro retribuzioni, già del tutto inadeguate rispetto alla complessità delle funzioni svolte e molto lontane dal resto della dirigenza pubblica”. Da qui la protesta nazionale, organizzata per mercoledì 9 marzo a Roma, davanti al ministero dell’Istruzione (in viale Trastevere), da Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals Confsal, insieme ai rispettivi coordinamenti della dirigenza scolastica.

I sindacati chiedono che una delegazione dei manifestanti sia ricevuta insieme a loro dai vertici del ministero, preannunciando “anche un possibile inasprimento delle iniziative qualora le ragioni della protesta non trovassero risposte convincenti”. Parte proprio dai dirigenti, infatti, una fase di intensa mobilitazione che “vedrà coinvolto nelle prossime settimane l’intero comparto, impegnato a rivendicare il rinnovo del contratto e a contrastare anche attraverso la contrattazione gli effetti più negativi della legge 107/2015, detta della Buona Scuola, di cui si continuano a chiedere opportuni interventi di modifica”.

I sindacati, in una nota congiunta, spiegano che da anni “si trascina, con un palleggio infinito di responsabilità fra ministeri, la vicenda delle decurtazioni subite dal Fondo unico nazionale, da cui si attinge per i contratti regionali che devono stabilire la quota di stipendio dei dirigenti cosiddetta ‘variabile’. Un danno al quale avrebbe dovuto rimediare uno stanziamento previsto dalla legge 107, ma sulla cui gestione si stanno manifestando incredibili incertezze e ritardi, tanto da impedire la quantificazione delle risorse relative all’anno scolastico da mesi avviato”.

La situazione, spiegano Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals Confsal, si è fatta intollerabile. “Anche perché nel frattempo – conclude il comunicato – sui dirigenti scolastici si stanno moltiplicando oneri e incombenze di vario genere, con una fortissima esposizione a responsabilità pesanti soprattutto in ordine alla sicurezza, mentre continua un ricorso diffuso all’affidamento di scuole in reggenza”.